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Showing content with the highest reputation since 04/23/2024 in Posts

  1. Ma che c'entrano i soldati cobelligeranti col Lend Lease? Peraltro, si parla (impropriamente) di 'sfiducia': e vorrei pure vedere. Fino al 7 settembre gli sparavamo addosso, si dovevano mettere nelle nostre mani? A volte questi ragionamenti, nel 2025, sono davvero incomprensibili.
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  2. Buon pomeriggio a tutti, girovagando in rete facendo ricerche di ogni tipo, mi sono imbattuto in un documento inedito (almeno per me), cioè un video di origine tedesca in cui viene mostrata la nave ospedale ERLANGEN che, dopo essere stata colpita da aerei alleati il 15 giugno 1944, viene portata all'incaglio nei pressi della spiaggia di Deiva Marina. Si vedono alcuni feriti, forse i più gravi che vengono sbarcati tramite lance. L'ERLANGEN era stata dislocata nella riviera ligure di levante per raccogliere i superstiti delle torpediniere TA 26 (ex INTREPIDO) e TA 30 (ex DRAGONE) affondate nella notte precedente (di cui molto superstiti erano stati già salvati dai pescatori locali). https://www.bridgemanimages.com/it/noartistknown/the-german-hospital-ship-erlangen-is-attacked-by-allied-bombers/footage/asset/703844 La nave ospedale, già nel pomeriggio venne presa a rimorchio di poppa e portata a Genova per le riparazioni. Una cosa molto interessante è la presenza, ancora nel giugno del 1944, delle bande alternate bianche e rosse sulla coperta a prua della nave. MG
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  3. Buonasera a tutti. Invio per chi è interessato all'argomento, un documento dal titolo "REPORT ON WAR AID FURNISHED BY THE UNITED STATES TO THE U.S.S.R.". In esso, come si evince dal titolo sono elencati tutti i materiali bellici e non che l'USA fornirono all'U.S.S.R. secondo i termini del Lend Lease Act. Alla pagina 23 (PDF) troverete le attrezzature navali e marine fornite. Gabriele LEND LEASE from USA to U.R.R.S.pdf
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  4. La nave traghetto LOGUDORO sta per portare a termine la sua complicata esistenza. E' da tempo in disarmo a Messina e il rimorchiatore PAUL, destinato a rimorchiarla in Turchia, è già arrivato in porto. Si attende la partenza per i prossimi giorni, compatibilmente con le condizioni del mare. In servizio nello Stretto, in uscita dal porto di Messina. Attraccata a Villa San Giovanni. In disarmo a Messina. Spero di poter riportare, qui di seguito, le foto della partenza verso l'ultimo scalo.
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  5. Segnalo questo articolo https://www.ilgoriziano.it/articolo/grado-aspetta-museo-archeologia-subacquea-tesori-abissi-4-giugno-2024 Interessa ben pochi, in quanto l'archeologia navale è di per se una nicchia delle nicchie... però è fantastico che si pensi di replicare il Museo Wasa o il Baglio Anselmi (per tacere delle compiante Navi di Nemi) però da trent'anni siamo fermi fermissimi che più fermi non si può. Non dico altro. Seguo, e attendo per eventuale gita in zona Che peraltro già fatta è spettacolare, il Friuli è molto sottovalutato, tutta la roba Longobarda passa di lì e praticamente tutto l'alto-altissimo Medioevo dal V al X secolo dC passa da lì Serena
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  6. As MAESTRALE seen in Savona in mid 1955 awaiting scrapping
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  7. Premetto che quanto scrivo ha poco a che fare con le navi, ma piuttosto con la seconda guerra mondiale; dato molti soci AIDMEN sono interessati a questo periodo un legame per quanto labile c’è. Ben Pastor è italiana, si è trasferita negli Stati Uniti immediatamente dopo la laurea, insegna storia all’università ed ha scritto numerosi romanzi e racconti, generalmente gialli con ambientazione storica e come autrice utilizza il cognome del marito Pastor. Non sono un appassionato di libri gialli, sono troppo razionale e alla fine trovo sempre che la soluzione implica dei passaggi logici molto dubbi e che il movente del colpevole è del tutto improbabile. Comunque faccio delle eccezioni, vi sono libri in cui i personaggi e l’ambientazione fanno passare in secondo piano la trama gialla e questo è appunto il caso dei libri di Ben Pastor. Finora Ben Pastor dal 1999 al 2021 ha scritto 12 libri con protagonista Martin Bora, che compare anche in altri 3 racconti. In una libreria ho visto per caso uno di questi libri, mi ha incuriosito, lo ho comprato, mi è piaciuto e ho comprato diversi altri libri della serie. La figura di Martin Bora è chiaramente ispirata al colonnello Von Stauffemberg protagonista del tentativo di colpo di stato contro Hitler; entrambi sono nobili, cattolici, ufficiali di carriera con tradizioni famigliari militari e la similitudine si spinge fino a fargli perdere una mano. Viene seguita la sua brillante carriera militare, dal luglio 1937 volontario in Spagna come tenente, al dicembre 1944 nel nord Italia come colonnello; ha modo di visitare tutta l’Europa, Polonia, Francia, Russia prima come addetto all’Ambasciata tedesca a Mosca, poi in guerra anche a Stalingrado, in Italia durante l’occupazione tedesca, a Verona, Roma, Salò. Bora, l'eroe della situazione, ha molte qualità, alto, bello, fisicamente prestante, sempre con la divisa impeccabile, colto, buon pianista, conoscitore di varie lingue, tra cui il russo, fa parte del servizio informazioni dell’esercito e per questo, oltre alle sue normali incombenze militari, viene spesso incaricato di missioni speciali, tra cui indagare su delitti, dove invariabilmente riesce a trovare il colpevole. Nelle sue attività è perennemente in concorrenza e contrasto con le SS, che lo sospettano per la sua origine nobile e per la sua scarsa simpatia per il nazismo. Le cose migliori dei libri sono l’ambientazione e la mentalità dei personaggi, di cui molti sono figure storiche realmente esistiti, comandanti, politici, scrittori. Per esempio nel libro “I piccoli fuochi” Bora viene incaricato di indagare sul comportamento di Ernst Junger a Parigi. Per chi volesse seguire la mia proposta di lettura buon divertimento.
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  8. Beh, io forse sarei uno di questi, anche se non ricordo l'evento.... P.T.
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  9. Dear Giuseppe, Luiz and Franco, Many thanks for your kind words. My work on Italian submarines is not perfect and I suspect that some of you will spot errors or omissions. Please forward them and I will update the uboat.net site. Unfortunately, I have been unable to visit the Ufficio Storico since the pandemic and travelling abroad is becoming more difficult for me. I still hope that I will be able to return one day. The are so many documents I would like to have a look at! Platon
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  10. Credo che sia il punto giusto del forum per riportare gli appunti presi nel corso di questa conferenza, se non è così attendo istruzioni. Vista per caso la locandina, che allego in calce, non potevo mancare un incontro con Virgilio Ilari presidente della SISM. La Società Italiana di Studi Militari si interessa di tutte le armi, anche in storia antica, e non è focalizzata sulla Marina. Ritengo comunque che sia stata una buona occasione per definire alcuni concetti e alcuni strumenti: ho scoperto che questa era la conferenza conclusiva di un ciclo di sei, tutte organizzate dal corso di laurea in Scienze politiche e delle relazioni internazionali (https://www.decive.unipr.it/programma-eventi/) ma forse la più interessante perchè meno specialistica. Dopo le presentazioni, COLOMBO che è docente di Relazioni internazionali spiega e racconta il suo approccio al tema Guerra, in quanto strumento politico che disciplina l'uso della forza. Il concetto di guerra viene usato oggi per definire e spiegare la discontinuità delle relazioni internazionali, mentre quello di Pace si usa in quanto prodotto delle Istituzioni (o si vorrebbe che lo fosse). Le fonti principali di studio possono essere von Clausewitz, Schmitt (la regolazione della guerra è il punto essenziale del diritto internazionale, per cui il 900 è la catastrofe, la guerra nel secolo diventa sregolata) la scuola inglese, la scuola americana della Guerra Giusta di Michael Walzer che in questa teoria è figlio della guerra del VietNam Riconoscibilità della guerra, che NON è violenza diffusa, e riabilitazione della guerra : esiste il bellum iustum? 😞 la guerra globale al terrore ha scardinato tutti i presupposti precedenti. Conclude dicendo: è per questo che non posso non occuparmi di guerra, pur essendo partito da studi di filosofia del diritto. Di seguito ILARI ripercorre un binario storico parallelo: stessa domanda sul perchè occuparsi di guerra ma il suo percorso è nato sulle fonti, la sua biblioteca conta almeno trecento opere scaricate dalla rete (per cui ha voluto versioni online delle pubblicazioni SISM vedi sotto) Afferma che la moderna visione della guerra/politica internazionale parte dalla guerra russo-giapponese del 1905, e che la NATO oggi è trasformata da alleanza passiva locale ad alleanza proattiva globale. In generale la mentalità comune pensa che la guerra sia cosa solo dei militari, ma non è così. Come presidente SISM ha curato due pubblicazioni disponibili gratuitamente online: 1) Quaderno 2017 sulla Guerra economica (https://issuu.com/rivista.militare1/docs/18_2017_quaderno_sism_economic_warfare) 2) Quaderno 2006 Storia della guerra futura (https://issuu.com/rivista.militare1/docs/17_quaderno_sism_2016_future_wars) (il convegno, tenutosi a Varallo, è disponibile anche in carta su ebay a dieci euro) segue DIBATTITO: vari anche dal pubblico riporto quello che più mi ha colpito La caratteristica del 900 è la rivolta contro l'Occidente, da cui discende anche la sovranità accanita dei BRICS. Guerra giusta è concetto più ampio di guerra necessaria. Attenzione al rischio di voler sempre prevedere come andrà a finire: la guerra in Ukraina è una guerra per interposta persona. I militari non vedono di buon occhio la guerra di logoramento con i problemi di calcolo dei rapporti di forza e calcolo dei rifornimenti di munizioni. La guerra futura non è logica e non è istituzionale. Il nucleare era tabù nella Guerra Fredda oggi se ne parla con troppa leggerezza. La deterrenza ha ancora un senso.
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  11. Buongiorno a tutti, giusto per stemperare le polemiche sorte con l'inserimento da parte mia del documento sul Lend Lease, allego due documenti che possono risultare interessanti per molti soci. Uno riguarda come da titolo una lista delle navi militari statunitensi danneggiate o affondate nel periodo indicato nel titolo. Se questo genere di documento di sole 25 pagine sarà considerato interessante, potrò inviarne altri con più pagine per altri periodi della WWII. Ho solo bisogno di tempo. L'altro documento di circa 1500 pagine è formato schede degli aerei giapponesi utilizzati nella WWII, molti dalla Marina imperiale, con schede di comparazione con i velivoli utilizzati dagli USA. Spero che questi doc non siamo causa di dissapori. Grazie, saluti. SUMMARY OF WAR DAMAGE- 8 DEC 42 - 7 DEC 43.pdf 1227170277_DOC.CONSCHEDEAEREIGIAPPONESICONCOMPARAZIONICONAEREIALLEATI.pdf
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  12. Su un argomento però non ho visto mai deviazioni, usarla come strumento di lotta politica, per le situazioni del presente e quelle del passato, per sfogare il proprio odio. Spero che lo strumento di lotta politica non sia stato scritto nei miei riguardi. Il sono mai stato ad un corteo politico, di nessuna parte, ne ho fatto scenesciate alla Raduio, su interviste e in televisione. Le mie considerazioni sono state fatte sulla scorta dei documenti. Castiglioni avrebbe dovuto saperlo, e come storico, ampiamente riconosciuto, io tratto tutti con la stessa moneta, siano italiani, tedeschi inglesi, Americani, e di nazioni minori. Forse il mio difetto, di toscano, é quello di essere a volte anche troppo franco, e non conosco l'odio: Questo é una caretteristica, di chi vuole alterare la verità. Da parte mia sono pronto a lasciare ogni altra discussione sull'argomente di una guerra civile, disastrosa e falza. L'anno vinta gli anglo americani e nazioni alleate, ma non l'Italia. E questo basta e tutti debbono prenderne atto. Francesco Mattesini.
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  13. Questo intervento tocca un argomento interessante e solleva una domanda: quali sono gli interessi dell'Associazione? Credo che i fondatori intendessero dare almeno pari peso all'aspetto civile rispetto a quello militare, mentre la parola "documentazione" lascia intendere che considerassero l'aspetto storico prevalente rispetto all'attualità. Poi col tempo l'interesse dei soci si è sempre più spostato verso l'aspetto militare, storico e soprattutto sul periodo della seconda guerra mondiale. Inizialmente il mio interesse era esclusivamente per l'aspetto tecnico delle navi italiane, poi si è esteso al loro comportamento in battaglia. Approfondendo ho capito che quello che contava non era il calibro dei cannoni o che in battaglia a che ora un messaggio fosse stato trasmesso e correttamente decrittato. Decisivo era l'aspetto politico. Il trattato di Washington del '22 è un evento politico, ma se non lo si conosce non si può capire il perché delle caratteristiche tecniche delle navi costruite tra le due guerre. Quindi condivido l'invito a rimanere in tema, ma ritengo che descrivere la situazione storica politica in cui operavano le nostre navi sia importante e non possa essere definito non aver niente a che fare con gli interessi dell'associazione. Comunque nel sito c'é una sezione "off topic".
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  14. Questo è il forum dell'AIDMEN, l'ASSOCIAZIONE ITALIANA DI DOCUMENTAZIONE MARITTIMA E NAVALE. Il forum deve quindi occuparsi di tali argomenti. Si persiste nella pratica di postare commenti che nulla hanno a che fare con gli interessi dell'Associazione. Tutti i commenti che non rispettano questa piccola, semplice, norma saranno oscurati. Su Facebook e sulla rete ci sono centinaia di pagine dove sfogare i propri interessi personali.
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  15. Bisogna avere pazienza, l'onda prima o poi passerà. Purtroppo questo è il momento in cui si pensa di poter sfogare le proprie frustrazioni contro il mondo intero: basta trovare un palcoscenico e si parte per la tangente. Mi fermo qui e aggiungo che in questa situazioni mi manca tanto Francesco.
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  16. poche idee ma ben confuse. Segno dei tempi. Va bene così.
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  17. Hello, My friend Mark C. Jones has just published in the British Journal for Military History, a fascinating article on the "Section Belge" of the Royal Nany during WW2. It covers the creation of the Section in 1940 and the subsequent activities of Belgian sailors during the war, a subject often overlooked by historians. A PDF of the magazine can be downloaded in: bjmh.gold.ac.uk/index.php/bjmh/article/view/1875 The article is on page 117. Mark has always been interested in the roles of navies in exile, which operated under the Royal Navy or the US Navy commands. Last year, he also published in the Submarine Review, an article on French and Italian submarines used for training in the US Navy (1943-1945). Platon Alexiades
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  18. Forse ci possono essere altre info e, magari foto sul libro: "Quattro fischi. Due barche" Eolie: vaporetti e collegamenti marittimi" di Attilio Borda Bossana
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  19. Abbiamo questo: FULGIDA AURORA (20438) Ordine : Francesco Rizzardi Allegri - Verona(IT) a : Cantiere Picchiotti . .19.. impostato a Viareggio come yacht . .1950 varato come AURORA . 8.1950 completato . 8.1950 AURORA : Francesco Rizzardi Allegri - Verona(IT) 20. 6.1955 FULGIDA AURORA : NAVISARMA : Compagnia Siciliana Marittima - Messina(IT) (Me77) giunge a Messina per essere impiegato nel trasporto estivo di passegeri tra le isole Eolie 44tsl 23tsn ..tpl. 19,94 x 4,60 x 1,98 x .,..m. (L) 2dsl(4T4c)[Carraro-Milano] 2el. 170ca 11(11,7)n. Pass.: ...coperta . 6.1955 STROMBOLICCHIO : NAVISARMA, Compagnia Siciliana Marittima - Messina(IT) 25. 6.1955 : arriva a Lipari 28. 6.1955 : viaggio inaugurale Lipari Panarea (sosta notturna)Stromboli rientro a Panarea saltando lo scalo di Salina per le avverse condizioni meteo e proseguendo per Lipari e Vulcano con rientro in serata a Lipari 30. 6.1955 : secondo viaggio di prova da Lipari per Salina Filicudi e Panarea ( con sosta notturna causa meteo avverso) e rientro a Lipari il giorno seguente . .1961 : cessazione del servizio . .1964 STROMBOLICCHIO : Salvatore Coppola - Augusta(IT) . .1972 : cancellato per cl. dec. 4. 9.1967 Nereo Castelli Trieste
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  20. Ciao Giuseppe, mi dispiace ma per il momento non ho trovato nessuna informazione o foto della motonave in questione...ma la ricerca continua.... Gabriele
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  21. Buongiorno Giuseppe. Proverò a chiedere a mio figlio che, come sai, ha fatto lo skipper a Milazzo per qualche anno e forse può darci il nome di qualcuno. Peditto ha provato a scrivere a questo appassionato di foto di imbarcazioni "eoliane": Salvatore Sarpi: eolienews@libero.it ?
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  22. Caro Franco, From German documents: the switch of destination for Taranto instead of Trieste occurred on 13 May 1941. I could not find a specific reason, but the transfer of the 2nd Armoured Division was to be done in two trips by Marburg and Kybfels. Since it was shorter to go to Taranto than to Trieste by sea, it is possible that this was taken into account and also, as you point out, the Trieste railway line may have been the choke point as it was busy with supplying troops in Yugoslavia and Greece. The naval documents that I have access do not give an explanation, and this must be found in military documents. Platon
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  23. Il documento meriterebbe un esame accurato che impiegherebbe molto tempo, gli ho dato solo una scorsa veloce e queste sono le cose più interessanti che ho notato. L'entità dell'aiuto è stata enorme, ma per me non è stata una sorpresa. Avevo notato che nelle fotografie dell'Armata Rossa durante la guerra era più facile trovare Sherman che T34 e P40 che aerei costruiti in URSS. L'aiuto è iniziato in giugno 1941 immediatamente dopo l'attacco tedesco, ben prima che gli Usa entrassero in guerra in dicembre. Questo conferma che il governo USA si considerava non ufficialmente in guerra dalla primavera '41 e aspettava solo l'occasione per far digerire la decisione all'opinione pubblica recalcitrante. Curioso ma meno importante che le consegne continuassero per circa un mese dopo la capitolazione del Giappone. Infine dall'ultima pagina del documento si scopre che in tonnellaggio circa la metà degli aiuti arrivò dal Pacifico, circa un quarto dalla Persia e poco meno di un quarto dal Nord Atlantico. Questo ridimensiona molto l'importanza dei tentativi tedeschi di intercettare questo traffico. Sapevo che i Giapponesi non tentarono mai di intercettare i convogli verso l'URSS in Pacifico per tener fede al loro patto di neutralità, ma credevo che si trattasse di una rotta secondaria.
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  24. Riporto, dal mio nuovo libro, un episodio che la sua importanza, ma che é poco conosciuto: MONITORI (Monitors) 1) Terror, 7.200 tons (25 febbraio 1941) Vecchia nave costiera della prima guerra mondiale, armata con due cannoni da 381 mm, il Terror era l’unità più grande e più potente dell’Inshore Squadron, la divisione della Mediterranean Fleet costituita nel dicembre 1940 per sostenere dal mare, con bombardamenti costieri e trasporti di rifornimenti, l’avanzata dell’Esercito britannico in Egitto e in Libia (Operazione “Compass”). Considerando che il monitore disponeva anche di un discreto armamento contraereo – fortemente rafforzato con sette mitragliere Breda da 20 mm catturate agli italiani – alla metà di febbraio 1941 fu deciso di inviarlo a protezione del conquistato porto di Bengasi, che da giorni era sottoposto agli attacchi degli aerei tedeschi del X Fliegerkorps, di base in Sicilia. Il Terror (capitano di fregata Henry John Haynes), partito da Alessandria, raggiunse Bengasi il giorno 17, scortato dai cacciatorpediniere australiani della 10a Squadriglia Stuart e Vendetta. Il mattino del 22 febbraio, trovandosi all’ancora in quel porto della Cirenaica, il monitore fu attaccato in picchiata da tre aerei tedeschi Ju.88 del 3° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (III./LG.1), decollati dall’aeroporto siciliano di Catania, mentre tre aerosiluranti He.111 della 6a Squadriglia del 26° Gruppo Bombardamento (6./KG.26), partiti da Comiso al comando del capitano Karl Barth, dedicavano l’attenzione ad alcune unità individuate all’entrata della rada, senza riuscire a colpirle. Il Terror, danneggiato da tre bombe cadute vicino allo scafo che allagarono alcuni compartimenti, ricevette l’ordine di trasferirsi a Tobruk, ove esisteva una protezione contraerea più efficace. Partì quella stessa sera, accompagnato dallo sloop Ferenham e dalla corvetta Salvia, ma mentre attraversava il canale dragato del porto ebbe allagati alcuni compartimenti della sala macchine a causa dell’esplosione, avvenuta a breve distanza, di due mine magnetiche lanciate il 16 febbraio in quella zona da cinque aerei tedeschi He.111 della 2a Squadriglia del 4° Stormo da Bombardamento (2./KG.4). Nonostante le avarie il Terror proseguì nella sua rotta a discreta velocità. Tuttavia, la sua partenza da Bengasi fu notata il mattino del 23 febbraio dagli aerei tedeschi, che poi lo rintracciarono, alle ore 12.20, mediante uno Ju.88 della 1a Squadriglia Ricognizione Strategica (1./(F)/121). Sulla base della segnalazione trasmessa dal ricognitore, alle 15.30 cinque bombardieri Ju.88 del III./LG.1 – gruppo comandato dal capitano pilota Bernhard Nietsch – riceverono l’ordine di decollare da Catania. Dopo un lungo volo di trasferimento i velivoli, che erano armati ciascuno con una bomba da 500 chili e con due bombe da 250 chili, rintracciarono il monitore alle 18.30 di quello stesso 23 febbraio, e lo attaccarono in picchiata nel punto di lat. 32°55’N, long. 22°45’E, corrispondente a circa 90 miglia a occidente di Tobruk. Sebbene di uomini dell’equipaggio del velivolo L1+GS (avente per pilota il tenente Theodor Hagen e per osservatore il sergente maggiore Karl Cohnen) avessero sostenuto di aver colpito l’unità più grossa della formazione britannica (ritenuta un piroscafo da 15.000 tonnellate) con almeno due bombe da 250 chili, e d’averla lasciata in fiamme, il Terror non ricevé nessun colpo a segno. Tuttavia le esplosioni delle tre bombe cadute vicino al monitore (due a dritta e una a sinistra), aprendo nuove falle nello scafo, furono ugualmente fatali alla nave che, con la poppa squassata e il locale macchine allagato, cominciò a sbandare. Abbandonata dall’equipaggio alle ore 22.00, dopo un vano tentativo di rimorchio da parte del dragamine Farenham (tenente di vascello William John Patrick Churck) e della Salvia (capitano di corvetta John Isdale Miller), il Terror affondò alle 04.20 dell’indomani, in lat. 32°59’N, long. 22°32’E, posizione corrispondente a 25 miglia a nordovest di Derna. Non vi fu alcuna perdita umana. Per scortare il Terror nell’ultima parte della navigazione il 24 febberaio erano stati fatti partire da Alessandria gli incrociatori Ajax e Perth e i cacciatorpediniere Mohwak e Nubian, che però furono richiamati alla base non appena al Comando della Mediterranean Fleet arrivò la notizia della perdita del monitore. Nelle operazioni di appoggio all’Esercito britannico, il Terror, che era stato attaccato più volte e senza successo dagli aerosiluranti e dai bombardieri italiani della 5a Squadra Aerea (Libia), aveva sparato, in sei settimane, un totale di 660 proietti da 381. La sua perdita rappresentò un duro colpo per l’efficienza dell’Inshore Squadron nelle operazioni di appoggio al fronte terrestre della Cirenaica. Il Terror fu, per tonnellaggio, la nave da guerra più grossa affondata nel Mediterraneo dai bombardieri Ju.88 durante la seconda guerra mondiale.
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  25. Naumachos

    Scanning 3D a Zara.

    https://www.ilnordest.it/oltre-confine/ricostruzione-3d-relitto-piroscafo-mar-bianco-fondale-zara-croazia-rul7dsoh
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  26. Premetto che quanto scrivo non piacerà a molti appassionati navali, ma non si può rinunciare a ragionare per paura che le conclusioni siano sgradevoli. Per iniziare da una nota positiva vedo che con il progetto Sciamano per una nave porta droni la Marina sembra essersi resa conto della rivoluzione in corso nella guerra e negli armamenti e sta reagendo nella giusta direzione. L’argomento del momento è l’aumento delle spese militari, chiesto a gran voce da giornalisti, commentatori e politici, aumento ritenuto necessario per difenderci dalla Russia. Mi trovo in imbarazzo per dover dimostrare quanto questa esigenza sia assurda. L’Italia non ha bisogno delle sue forze armate per difendersi dalla Francia con cui è stata in guerra 80 anni fa. La guerra contro la Francia è oggi inconcepibile e assurda. Lo stesso vale per Germania, Gran Bretagna e Jugoslavia con cui allora siamo stati in guerra; i tempi in 80 anni sono radicalmente cambiati in modo irreversibile. Non vedo perché la situazione con la Russia debba essere diversa. La Russia non ha motivazioni razionali per attaccare l’Europa Occidentale, il suo interesse è nel migliorare i rapporti commerciali e venderci gas e petrolio. Attaccando non avrebbe ragionevole speranza di vittoria, avanza faticosamente nell’attuale guerra contro l’Ucraina che ha un terzo della popolazione russa, cosa potrebbe fare contro un gruppo di Stati che ha più del doppio della sua popolazione? Quindi la Russia non vuole fare la guerra e non può farla. Ma anche l’Europa avrebbe difficoltà a fare la guerra contro la Russia. Ungheria e Slovacchia si rifiuterebbero decisamente, seguiti molto probabilmente da Romania e dagli stati balcanici. Sugli Stati del Mediterraneo non metterei la mano sul fuoco, potrebbero sfilarsi anche loro, Italia in testa. Dopo questa lunga premessa, ipotizziamo che la guerra ci sia, in fondo quando si vuole iniziare una guerra si trova sempre il pretesto adatto. La domanda è cosa fare per prepararsi. La risposta di molti è l’Esercito Europeo, sorvolando su un problema cruciale: chi lo comanda? L’Esercito Europeo avrebbe un senso se ci fosse un Presidente d’Europa eletto a suffragio universale, ma non c’è e credo non ci sarà mai. Più o meno tutti si dicono a favore dell’unità europea quando questa unità è lontana, ma non so come reagirebbero se questa eventualità si facesse concreta. Credo che anche tra la popolazione al momento di votare per l’unità europea molti si tirerebbero indietro e in diversi stati non si raggiungerebbe la maggioranza, ma la contrarietà più assoluta sarebbe dai governanti degli Stati, che verrebbero privati di gran parte del loro potere. Tutti i governanti a parole vogliono l’unità, ma nessuno muove un dito per farla. Se la situazione è questa da 50 anni ci sarà un motivo. Scartato l’Esercito Europeo, di cui si parla da anni senza risultati, quel che invece si potrebbe sicuramente fare è uniformare le forniture di armamenti ai diversi eserciti nazionali; si otterrebbe sicuramente un risparmio e una maggiore efficienza, specialmente per eserciti destinati a combattere come alleati. Sarebbe razionale, ma lo vedo difficile, in questo campo tutti vogliono avere l’ultima parola. Cerchiamo di immaginare come sarebbe combattuta questa guerra tra Europa e Russia, per capire cosa dobbiamo fa per prepararci. Dovrebbe svilupparsi in modo molto simile all’attuale guerra in Ucraina: fronte stabilizzato con faticose avanzate di pochi chilometri, serve fanteria con esteso uso di artiglieria e di droni. Impossibile si combatta ai nostri confini; come nel 1941 l’Italia dovrebbe allestire un nuovo ARMIR da inviare a combattere ai confini con la Russia in Polonia o nei paesi baltici. Per combattere questo tipo di guerra all’Italia manca quasi tutto. In primo luogo l’organizzazione per mandare in missione all’estero a combattere quasi l’intero esercito, ben più impegnativo che mandare missioni di pace nei Balcani o in Medio Oriente. Poi gli uomini, da arruolare e addestrare; credo non sarà possibile ripristinare la leva, problematico raccogliere volontari in numero adeguato. Come armamento della fanteria credo manchino completamente piccoli droni da ricognizione essenziali nei combattimenti attuali. Per l’artiglieria servono essenzialmente pezzi da 155 motorizzati, di cui molti pare siano stati ceduti all’Ucraina, poi si deve assicurare un adeguato rifornimento di munizioni. Per l’aviazione gli aerei che abbiamo sono praticamente inutilizzabili, subirebbero perdite inaccettabili. Ormai gli aerei pilotati vanno sostituiti con missili balistici e da crociera e con droni di tutti i tipi, bombardamento, combattimento, ricognizione strategica; anche in questo campo credo manchi quasi tutto. Arriviamo quindi al punto che ci interessa, quale sarebbe il ruolo delle Marine e in particolare della Marina Italiana in questa guerra? Sicuramente molto limitato. Anche senza l’appoggio degli Stati Uniti le Marine europee hanno una superiorità schiacciante e senza necessità di prendere il mare, rimanendo nei loro porti, data anche la situazione geografica, potrebbero bloccare completamente il commercio russo; rimarrebbe solo una limitata possibilità di traffico con la Cina attraverso l’Artico. Nel Baltico i russi si ritirerebbero immediatamente all’inizio della guerra, senza nemmeno tentare di attraversarlo. In Mediterraneo, prima ancora dello scoppio della guerra, completerebbero l’abbandono già in corso adesso. In Atlantico potrebbero reagire attaccando il traffico occidentale e credo lo farebbero senza usare i sommergibili esposti a rischi troppo grandi, ma identificando i bersagli con satelliti e colpendoli con missili a lunga gittata o lanciati da aerei a lungo raggio. Non credo dedicherebbero molte risorse a questo settore, sul fronte terrestre avrebbero bersagli molto più paganti; probabilmente sul mare cercherebbero di colpire solo bersagli particolari, come trasporti di armamenti dagli Stati Uniti identificati da intelligence. Non credo valga la pena di organizzare convogli, le navi di scorta più che a difesa diventerebbero altri bersagli. Quindi, Baltico affidato alle piccole Marine dei paesi costieri, Atlantico affidato alle Marine del Nord Europa, Gran Bretagna, Francia e Germania, Mediterraneo nominalmente affidato all’Italia, ma dove non ci sarebbe praticamente niente da fare. Conclusione, visto le enormi lacune nella preparazione alla guerra in tutti i campi, l’unica cosa ragionevole sarebbe ridurre radicalmente i finanziamenti alla Marina per concentrare le risorse dove sono più necessarie. E come avevo anticipato questo non piacerà agli amici della Marina e agli appassionati navali.
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  27. Non ho idea di dove sarebbe giusto parlarne, ma credo che l'episodio possa rientrare nell'argomento "Ritirata dal Mediterraneo". Se sbaglio, "CORRIGETEMI"!!! Mistero a Savona. Falla nella petroliera Seajewel della flotta ombra russa Il caso della petroliera Seajewel, che farebbe parte della “flotta ombra” che dalla Russia rifornisce di petrolio l’Europa, arriva in Parlamento. Ettore Rosato, vicesegretario di Azione e segretario del Copasir, ha annunciato un’interrogazione. Nelle ultime ore hanno perso peso le ipotesi di un guasto o di un incidente a bordo: la falla aperta sulla parte immersa dello scafo ha le lamiere ritorte in dentro rispetto allo scafo, confermando che l’agente deflagrante è stato posto all’esterno. Un’esplosione è confermata anche dalla moria di pesci vicino allo scafo. L’incidente Una falla di quasi un metro nello scafo, due esplosioni sospette e il timore di un sabotaggio: il caso della petroliera Seajewel, attraccata al largo di Savona nel campo boe Sarpom, ha fatto scattare l’allerta nel Mar Ligure. La procura di Savona ha aperto un’inchiesta per chiarire la dinamica dell’evento, senza escludere alcuna ipotesi, compresa quella di un atto doloso. L’incidente è avvenuto nella notte tra venerdì e sabato, mentre erano in corso le operazioni di debunkeraggio. Alcuni testimoni hanno riferito di aver udito due esplosioni, e l’ispezione successiva ha rivelato che la falla si trova nella parte immersa della nave. Un dettaglio significativo è rappresentato dalla direzione della piega delle lamiere, rivolte verso l’interno, il che suggerisce che la causa della lacerazione sia stata esterna. Tuttavia, la camera di sicurezza della petroliera ha retto, evitando sversamenti di petrolio in mare. La nave La Seajewel, un colosso di 245 metri proveniente dall’Algeria, è già finita al centro di inchieste giornalistiche per il suo presunto coinvolgimento nelle cosiddette “flotte ombra” della Russia, petroliere fantasma che aggirano le sanzioni europee sul greggio di Mosca. Questa circostanza ha alimentato sospetti di un possibile attacco mirato, ipotesi che, se confermata, potrebbe avere implicazioni geopolitiche rilevanti. La nota della Capitaneria Nonostante la Capitaneria di Porto abbia diramato una nota per ridimensionare i timori – parlando di “anomalie” nelle operazioni di scarico e sottolineando l’assenza di sversamenti o danni a persone – gli investigatori non escludono alcuna pista. È stato infatti informato il distretto antimafia e antiterrorismo di Genova, e i sommozzatori del Comsubin sono stati preallertati per ulteriori rilievi. Se l’ipotesi dell’ordigno esplosivo dovesse trovare conferma, si tratterebbe di un dispositivo idrorepellente di esclusivo uso militare, il che complicherebbe ulteriormente il quadro delle indagini. I prossimi sviluppi Nelle prossime ore sono attesi ulteriori accertamenti tecnici a bordo della Seajewel per stabilire l’origine della falla e verificare la sicurezza della nave. Nel frattempo, il governo è stato informato e le misure di controllo nel Mar Ligure sono state rafforzate per prevenire ulteriori incidenti o azioni ostili.
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  28. Per quanto riguarda i rimorchiatori, la manovra all'interno del porto non era facile, bisognava far uscire il traghetto dall'invasatura dove stava da anni, ruotarlo di 180°, condurlo fuori dal porto, farlo lentamente ruotare di altri 180° per prendere la via d'uscita dallo Stretto. in ogni caso i rimorchiatori hanno progressivamente abbandonato il LOGUDORO, che sta proseguendo verso Aliaga al rimorchio del solo PAUL. Un amico, Roberto Munaò, ha filmato con il suo drone gran parte della manovra. https://www.facebook.com/roberto.munao/videos/3946430705675833
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  29. Data la pessima qualità delle immagini non è possibile in alcuni casi stabilire esattamente le navi ritratte, tuttavia è possibile indicare la classe di appartenenza. PRIMA CARTOLINA: il piroscafo Helouan del Lloyd Triestino a poppa del quale si trova una motonave della classe Città di Bari della società Puglia di Navigazione. SECONDA CARTOLINA: al centro un piroscafo della società Puglia di Navigazione, forse il Bari. A destra un piroscafo dell'armatore Allodi di Livorno, forse il Meloria. TERZA CARTOLINA: a sinistra il piroscafo Conte Rosso del Lloyd Triestino (o il suo gemello Conte Verde) a destra il piroscafo Gerusalemme sempre del Lloyd Triestino, l'immagine è ritoccata malamente, forse per mettere i colori dell'Adriatica a quest'ultima nave a cui fu trasferita nel 1938. QUARTA CARTOLINA: il piroscafo Conte Rosso del Lloyd Triestino e ancora una motonave della classe Città di Bari (forse l'Egitto) con i colori della società Adriatica di Navigazione a cui passò nel 1932. Non mi è chiaro dove abbiate visto il Flavio Gioja, l'Esperia e il Crispi....
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  30. Posizione 09/02/25 18:00 circa
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  31. Carufi, l'affondamento del MOHWAK non sarebbe avvenuto senza il siluro del LAMPO. Il TARIGO non aveva più siluri é stava affondando e il BALENO era già affondato senza sparare un colpo. Comunque puoi farti un'idea precisa andando nella mia pagina del sito academia.udu: https://www.academia.edu/127169103/IL IL DRAMMA DEL CONVOGLIO “TARIGO” Una sconosciuta verità storica. Come si realizzò l’affondamento del cacciatorpediniere britannico Mohawk FRANCESCO MATTESINI
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  32. Il LAMPO presunto protagonista dell'affondamento del MOHAWK (foto della mia collezione).
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  33. UN BREVE SUNTO SULLA VERITA’ DELL’AFFONDAMENTO DEL CACCIATORPEDINIERE BRITANNICO “MOHAWK” DURANTE L’ATTACCO AL CONVOGLIO “TARIGO” LA NOTTE DEL 16 APRILE 1941 Distaccato a Malta, il Mohawk faceva parte, con altri tre cacciatorpediniere della 14a Flottiglia (Jervis, Janus, Nubian) di una forza d’attacco, che l’11 aprile 1941, proveniente da Alessandria, era giunta nel porto della Valletta, per ordine del Comando della Flotta britannica del Mediterraneo (Mediterranean Fleet). Lo scopo del trasferimento era quello di costituire a Malta, per la prima volta dall’inizio della guerra con l’Italia, una forza d’attacco di navi di superficie destinata a minacciare le rotte libiche dell’Asse. Dopo due notti di pattugliamenti, trascorsi senza avvistare due convogli nel Canale di Sicilia, i quattro cacciatorpediniere, guidati dal capitano di vascello Philip John Mack sul Jervis, salparono nuovamente alle ore 18.00 del 15 aprile 1941 per intercettare, alla velocità di 26 nodi, un convoglio italiano diretto a Tripoli, che era stato segnalato quello stesso pomeriggio da un aereo da ricognizione Maryland del 68° Squadron della RAF di base a Malta. Il convoglio, costituito dai piroscafi tedeschi Adana, Aegina, Arta, Iserlohn, dal piroscafo italiano Sabaudia, e scortato dai cacciatorpediniere italiani Luca Tarigo, Baleno e Lampo, fu intercettato nelle prime ore del 16 presso Sfax ed attaccato alle 02.10 fu completamente distrutto. Alle 02.38, dopo aver contribuito ad incendiare una delle unità del convoglio e mentre stava manovrando per attaccare una nave mercantile che stava tentando di speronarlo, il piroscafo tedesco Arta, il Mohawk (capitano di fregata John William Musgrave Eaton) fu colpito sul fianco destro, all’altezza della torre prodiera Y, da un siluro lanciato dal cacciatorpediniere italiano Tarigo (capitano di fregata Pietro De Cristofaro), che poi fu anch'esso affondato. Ne conseguì che la torre Y, per l’esplosione del suo deposito munizioni, andò completamente distrutta, e tutto il personale della torre e quello adibito al suo rifornimento di munizioni restò ucciso. Pur costretto a fermarsi, con parte della poppa asportata fino alla torre X, il Mohawk, impiegando le due torri prodiere A e B, aprì ugualmente il fuoco sulla nave mercantile scelta a bersaglio, probabilmente l’Arta, e la centrò con alcuni proiettili incendiari, determinandone l’esplosione. Subito dopo, alle 02.40, il cacciatorpediniere, che continuava a sparare sulle navi nemiche in vicinanza, fu nuovamente colpito sul lato sinistro, all’altezza della plancia e tra le sale caldaie 2 e 3, da un secondo siluro, questa volta lanciato dal cacciatorpediniere Lampo (capitano di corvetta Enrico Marano), assieme ad un secondo siluro, mentre un terzo siluro non era partito per mancata accensione della carica di lancio. In precedenza, lo stesso Lampo, sebbene gravemente danneggiato a poppa dal tiro del cacciatorpediniere Nubian (capitano di fregata Richaerd William Rovenhill), aveva lanciato una salva di tre siluri contro lo stesso Nubian, ma non lo aveva colpito. Dopo il riuscito attacco del Lampo, il Mohawk, come ha riportato nella sua relazione il comandante Marano, aveva cessato il fuoco contro la sua nave. In effetti era rimasto completamente immobilizzato e sbandato sul fianco. Il capitano di vascello Philip John Mack, comandante del Jervis; ordinò al Janus (capitano di fregata John Anthony William Tothill) di finire il Mohawk. Bastarono soltanto quattro proietti da 120 mm della torre B prodiera. per dare al cacciatorpediniere il colpo di grazia. Il Mohawk affondò rapidamente di fianco, in lat. 34°56’N, long. 11°42’E, in un punto ove il fondale era di circa 13 metri, e rimase semisommerso con circa 15 metri di castello sopra il pelo dell’acqua. Gran parte dell’equipaggio riuscì a mettersi in salvo su sei battellini “Carley”, o gettandosi in mare. Gli uomini del Mohawk recuperati dal Nubian e dal Jervis (Philip John Mack) furono 169, mentre i deceduti risultarono 39, tra cui un solo ufficiale. Questo breve racconto è da me portato a conoscenza dei lettori dell’AIDMEN, in attesa dell’ultimazione di un mio libro sulla distruzione del convoglio “Tarigo”, che sarà stampato al più presto dall’editore Luca Cristini. La manovra di attacco del Lampo (che aveva portato ad affondare il già gravemente danneggiato Mohawk colpito da un siluro del Tarigo) e in particolare il comportamento del suo comandante capitano di corvetta Enrico Marano, sarà descritta in modo esaustivo. Al Comandante Marano dovrebbe essere doveroso assegnargli per la sua impresa una adeguata decorazione alla memoria, consegnandola ai suoi parenti più stretti. Francesco Mattesini
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  34. Giuseppe, casa tua è meglio di Villa Carmela!!!!!
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  35. Quando non si trova una cosa che si cerca, bisognerebbe guardare due volte!!! Scrivevo: Non sono riuscito però a trovare alcun’altra notizia sulla mostra stessa, né sui Bollettini AIDMEN dell’epoca, né su fonti web. Mi sbagliavo. Nel Bollettino AIDMEN n. 3 del 1985 c'è un accurato report dell'avvenimento, a firma di Ilio Gasparri. Le scansioni delle due pagine: Buona serata.
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  36. L'amico e consocio Pasquale Trizio ci ha fatto pervenire l'annuale (bellissimo) calendario di Stella Maris. Se volete, è potete scaricarlo al seguente link: https://drive.google.com/file/d/1tBICAoJKdW704HxIf7Fo7NKf6beQEXxB/view?usp=drive_link
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  37. E' arrivato stanotte. https://www.messinaindiretta.it/inaugurata-la-pietro-mondello-di-caronte-tourist-la-nave-tecnologicamente-piu-avanzata-del-mediterraneo/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR1iTCxiS5WZO89gkN6E4GrUaJrPaQy1ebhkj9Nixll8G91G1I1EkypTA9s_aem_nESg1PgD-IctSdDapwlfsA https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2024/12/20/inaugurata-la-pietro-mondello-lultima-nata-di-caronte-e-tourist-viaggera-nello-stretto-fra-rada-san-francesco-e-villa-72244d89-09a2-4750-ad5e-20e0b77cc54f/7
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  38. Vista così sembra un modellino
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  39. Giancarlo Castiglioni

    Ustica

    Quando ho visto in libreria “Il quinto scenario atto secondo” di Claudio Gatti con sottotitolo “I missili di Ustica La strage del 27 giugno 1980. Le risposte dopo decenni di domande”, lo ho preso in mano con grande scetticismo; sfogliandolo ho capito che dava la responsabilità dell’abbattimento dell’aereo agli israeliani. La cosa mi sembrava assurda, le basi da cui sarebbe partito l’attacco sono a migliaia di chilometri di distanza e poi perché avrebbero dovuto farlo? L’uscita del libro proprio in questo momento quando gli israeliani sono in guerra e bombardano senza pietà i palestinesi e il Libano aumentava le mie perplessità. Comunque il libro mi incuriosiva, conclusi che avere in casa un libro in più che non sapevo dove mettere non sarebbe stata la fine del mondo e alla fine lo comprai. Per rispondere alla mia prima obiezione, la distanza da Israele, si deve ricordare un fatto storico, il bombardamento del quartier generale OLP Hammam Chot, a 19 km da Tunisi il 1° ottobre 1985. Si conoscono tutti i particolari tecnici, furono utilizzati 10 caccia F15, 2 aerei cisterna, un Boeing centro di comando, 2 Hawkeye per disturbare i radar libici, tunisini, algerini. Per Ustica 5 anni prima sarebbero stati necessari solo un caccia Phantom F4 per l’attacco, un caccia Kfir per seguire l’aereo bersaglio e un aereo cisterna, un impiego di forze decisamente inferiore. La distanza è di poco maggiore rispetto a Tunisi, Gatti ipotizza che siano stati necessari 2 rifornimenti all’andata e due al ritorno e che vi fossero almeno due caccia per l’attacco e due per seguire il bersaglio; le numerose tracce radar confermerebbero questa ipotesi. Per rispondere alla mia seconda obiezione, l’obiettivo dell’attacco, si deve ricordare il programma atomico irakeno dichiarato civile, mentre gli israeliani erano certi avesse come obbiettivo la costruzione di una bomba atomica. Gli israeliani erano decisi ad impedirlo con ogni mezzo, infatti il 7 giugno 1981 bombardarono e distrussero il reattore Osirak in territorio iracheno, un attacco a uno Stato estero in tempo di pace. Nel giugno 1980 i francesi dovevano fornire il combustibile per il reattore Osirak, materiale che dopo trattamento avrebbe consentito di costruire una bomba atomica; dopo aver considerato l’invio via terra e via mare si decise di effettuare la consegna con un aereo che partendo dal sud della Francia seguì le aerovie civili attraversò il Tirreno per poi proseguire lungo il Mediterraneo Orientale fino in Iraq. Gatti ha faticosamente ricostruito che la prima parte di questo materiale partì da Marsiglia il 25 giugno, ma per ragioni di sicurezza si era dato la notizia e scritto su molti documenti interni che la spedizione sarebbe stata fatta il 27 giugno, ed è del tutto verosimile che questa data sia stata conosciuta dagli israeliani. Quindi l’aereo che trasportava l’uranio arricchito sarebbe dovuto transitare da Ustica entro poche ore prima o dopo l’aereo dell’Itavia e un errore nell’identificazione è verosimile, anche perché in quell’ora in quel punto l’aereo Itavia non doveva esserci, era decollato con circa due ore di ritardo. Si potrebbe fare una terza obiezione, chiedersi se gli israeliani erano disposti ad abbattere un aereo civile di una nazione amica in tempo di pace. Gatti ricostruisce numerosi casi precedenti, dal 1955 al 1980 l’aviazione israeliana intercettò 13 volte aerei civili per dirottarli o abbatterli, a volte perché volavano per errore su territorio israeliano, più spesso deliberatamente. Farò qualche esempio: 28 ottobre 1956 Ilyushin Il-14 in volo da Damasco al Cairo abbattuto perché si pensava che a bordo ci fosse il generale Amer comandante supremo dell’esercito egiziano. 21 febbraio 1973 Boeing 727 libico abbattuto perché fuori rotta su territorio israeliano e si rifiutava di atterrare. 10 agosto 1973 Caravelle della Middle East Airlines costretto ad atterrare perché si pensava che a bordo ci fosse George Habash. 23 ottobre 1982 jet privato da Atene al Cairo su cui doveva essere Yasser Arafat; l’aereo era già stato intercettato dai caccia, ma l’abbattimento fu sospeso perché all’ultimo momento si scoprì che a bordo non c’era Arafat ma il fratello. La prima edizione di questo libro è del 1994 e aveva come coautore la moglie di Gatti Gail Hammer. Gatti scrive di essere stato spinto a fare una nuova edizione dall’intervista a Repubblica di Giuliano Amato del settembre 2023 in cui in sostanza chiede alla Francia di ammettere la sua responsabilità. Gatti sostiene di aver aggiornato e arricchito di nuovi capitoli la sua inchiesta, ma la mia impressione è che il libro sia sostanzialmente invariato. Amato ha scritto una prefazione del libro in cui nel suo stile senza sbilanciarsi troppo considera la tesi del libro verosimile e convincente. Gatti nel 1980 era giornalista corrispondente dagli Stati Uniti per diverse testate e la strage di Ustica diventò per lui quasi una ossessione. Decise di indagare per conto suo e approfittando della sua professione iniziò a fare interviste telefoniche e in presenza con testimoni e persone che potevano essere coinvolte anche marginalmente. Questo arricchisce il libro perché vengono alla luce parecchie vicende interessanti, come un colpo di stato tentato contro Gheddafi o il programma nucleare iracheno. Il titolo “Quinto scenario” allude ai primi quattro scenari scartati. L’ipotesi della bomba viene scartata a priori. Io la avevo scartata quando ho visto la registrazione del disastro dal radar di Fiumicino; dal punto luminoso che segnala la posizione dell’aereo escono improvvisamente perpendicolarmente alla rotta una quantità di punti luminosi, i rottami causati dall’esplosione. Se la causa fosse una bomba i rottami sarebbero lanciati in tutte le direzioni, al più in quantità leggermente maggiore da un lato se la bomba fosse stata posizionata da un lato all’interno dell’aereo. I rottami proiettati perpendicolarmente alla rotta possono essere causati solo da una collisione o da un missile, conservazione della quantità di moto. In tutti i dibattiti a seguito dell’incidente non ho mai sentito questa considerazione, che mi sembra evidente. Il primo scenario considerato è la possibile responsabilità degli italiani, un missile lanciato per prova o durante una esercitazione; scenario subito scartato, quel giorno non c’erano esercitazioni, che comunque non si fanno di notte e al centro del Tirreno. Secondo e terzo scenario sono accumunati dall’obbiettivo: Stati Uniti o Francia avrebbero voluto abbattere l’aereo su cui si trovava Gheddafi. Si spiega che Gheddafi non sarebbe partito perché avvisato da Craxi del pericolo. Di tutto questo non c’è la minima prova, è sorprendente che questa ricostruzione sia stata presa sul serio per molto tempo. Tra l’altro l’aereo con Gheddafi avrebbe dovuto essere diretto a Nord, mentre il DC9 Itavia era diretto a sud. Gheddafi non sarebbe mai andato a fare shopping o il turista in incognito a Parigi o a Londra, era un capo di stato ed i suoi viaggi all’estero erano visite ufficiali attentamente organizzate. L’unica traccia che Gatti ha trovato sull’argomento è la richiesta di un piano di volo da Tripoli a Varsavia per un aereo con VIP a bordo, volo che poi non fu effettuato. Se poi si fosse voluto eliminare Gheddafi, nessuno avrebbe pensato ad un agguato nel mezzo del Tirreno. La controprova è che per uccidere Gheddafi nel 1986 Reagan ordinò il bombardamento della sua residenza a Tripoli, effettuato il 14 aprile 1986. Non si capisce con che aerei gli Stati Uniti avrebbero potuto effettuare l’attacco a Ustica. L’unica nave della US Navy che avrebbe potuto lanciare gli aerei, la Entrprise era ancorata di fronte a Napoli, con i radar spenti per non disturbare le trasmissioni televisive. Poi quando gli Stati Uniti hanno voluto uccidere qualcuno lo hanno fatto alla luce del sole, anzi vantandosene, vedi casi Bin Laden o Soleimani. I francesi avevano le loro portaerei Clemenceau e Foch in porto a Tolone, quindi impossibilitate a lanciare, ma gli aerei sarebbero potuti partire dalla base aerea di Solenzara in Corsica. Ma sia per Stati Uniti che per Francia un piano del genere non è concepibile anche senza fare considerazioni morali. Avrebbe coinvolto decine di persone a tutti i livelli, militari e politici, impossibile mantenere il segreto, sarebbero uscite subito indiscrezioni, impensabile poi che a distanza di 40 anni nessuno abbia parlato. Anche più facile escludere il quarto scenario, la responsabilità dei libici. Gatti ha intervistato dei piloti italiani ingaggiati per addestrare i piloti militari libici, ha posto il problema e la risposta è stata che la Libia non aveva assolutamente i mezzi tecnici per organizzare un attacco del genere e che il livello dei piloti sarebbe stato del tutto inadeguato. Come già detto, ero scettico quando ho acquistato questo libro, ma l’ipotesi di Gatti mi ha convinto. Gatti sfruttando la sua professione di giornalista, ha svolto una inchiesta paziente e approfondita che ha permesso di conoscere anche altre storie collaterali che aumentano l’interesse del libro. Quando tutte le soluzioni più probabili sono impossibili, la soluzione più improbabile è quella giusta. Certo manca la prova definitiva, che potrebbe essere solo la confessione di un colpevole, ma non c’è da stupirsi che manchi. Probabilmente oggi sono ancora in vita una ventina di israeliani che hanno partecipato all’abbattimento, tutte persone convinte della necessità di mantenere il silenzio; se poi qualcuno volesse parlare, in Israele sarebbe immediatamente arrestato per alto tradimento e all’estero farebbe la fine del Dott. Yahia Al-Marash, egiziano che lavorava al programma nucleate iracheno, assassinato a Parigi il 13 giugno 1980, la settimana prima di Ustica. Il Dott. Al-Marash è stato picchiato a morte e Gatti ipotizza che da lui si volesse conoscere la data e le modalità dell’invio di urania in Iraq. La prima edizione del libro del 1994 è caduta nel disinteresse più assoluto, nessuno ne ha parlato e lo stesso è accaduto per la nuova edizione del 2024. Questo rende necessario qualche ragionamento sulla libertà di parola e sull’informazione in Italia. Certo c’è la libertà di dire quello che si vuole, si può scrivere e pubblicare tutto, ma certe informazioni all’opinione pubblica non arrivano. Ci sono stati innumerevoli articoli di giornale, trasmissioni televisive, rievocazioni su Ustica, come mai nessuno ha parlato di questa ipotesi, nessuno ha invitato Gatti per un dibattito? E’ vero che su Ustica sono usciti molti libri, tra cui diversi che sostenevano la tesi della bomba, e questo libro può essere sembrato uno dei tanti inaffidabili, ma un giornalista che scrive sull’argomento o allestisce un servizio televisivo dovrebbe documentarsi e saper distinguere gli argomenti seri dalla paccottiglia. Altra questione da toccare è il depistaggio da parte di nostri militari e politici, che è partito subito e con grande decisione. Sicuramente i militari non sapevano chi era il colpevole, ma erano sicuri che era uno Stato amico e che quindi si doveva nascondere la verità. Si è proceduto con la tecnica tipica dei servizi segreti, inventando prima una storia senza fondamento, il cedimento strutturale, poi ripiegando su una storia più credibile, la bomba; ho il dubbio che anche la teoria attualmente più accreditata, l’attentato a Gheddafi, sia una terza copertura, una voce messa in giro per depistare. Cossiga ha dichiarato di aver appreso la pista francese dai servizi segreti. L’Amm. Fulvio Martini nel giugno 1990 dichiara alla commissione stragi che l’ipotesi di un missile aria aria francese o americano è la più probabile. Non saprei se perché ingannati o consapevoli, i politici hanno seguito a ruota, anche loro con estrema decisione; il ministro Rino Formica ha causato il fallimento della compagnia aerea Itavia perché il presidente Davanzali si era permesso di sostenere la tesi del missile. Questa decisione è costata allo stato italiano 108 milioni di Euro di risarcimento. C’è stata una lunga serie di processi, alla fine in sede penale i militari sono stati assolti per i depistaggi, ma in sede civile lo Stato Italiano è stato condannato e la tesi del missile avallata dalla sentenza. Sui depistaggi voglio dare una giustificazione ai militari. Mentre è certo che all’inizio non sapevano cosa era successo e nascosero la verità, può darsi che in seguito si resero conto che non potevano essere stati né francesi né americani, tanto meno italiani e libici, e che quindi sostenessero in buona fede la tesi della bomba perché non vedevano altre possibilità. Il libro ha diverse manchevolezze, probabilmente perché prodotto in economia da una piccola casa editrice. È diviso in 17 capitoli tutti senza titolo e manca un indice, per cui è difficile orientarsi e ritrovare informazioni lette in precedenza; il numero di persone citate e intervistate è grande e si sente la mancanza di un indice dei nomi con le pagine in cui il personaggio è citato. Non guastava anche aggiungere fotografie o disegni degli aerei coinvolti e una cartina con le rotte dell’aereo abbattuto e di quella presunta degli attaccanti. Questo non cambia il giudizio finale che rimane molto positivo. Per me Ustica era un puzzle in cui i pezzi non si incastravano, L’ipotesi della battaglia aerea non stava in piedi, vi era un aereo che si nascondeva sotto il DC9 dell’Itavia e un altro che cercava di attaccarlo abbattendo l’aereo sbagliato. Ma di chi era l’aereo attaccante e di chi era il bersaglio? C’è un testimone che la sera della strage ha visto un aereo con ali a delta in rotta che attraversava la Calabria diretto verso lo Ionio. Non aveva senso, fosse stato un Mirage francese doveva rientrare alla base dalla parte opposta. Con l’ipotesi israeliana l’aereo sotto il DC9 era un Kfir con le ali a delta, non si nascondeva, ma seguiva il bersaglio indicandolo al compagno che doveva attaccare e compiuta la sua missione rientrava attraversando la Calabria verso il rifornimento aereo e la base. Tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto.
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  40. In mezzo alla foschia, in risalita da Sud. Sotto l'occhio vigile (?) della GdF. Con l'ovvio sfondo del pilone di Torrefaro.
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  41. Mi sono occupato della collisione fra la fregata CASTORE e la nave ausiliaria ETNA nel Bollettino AIDMEN n. 29 del 2015, è quindi sufficiente ricordare che le due navi vennero in collisione la notte del 22 marzo 1965, alle 21:00, mentre erano impegnate in un’esercitazione Early Dawn con altre unità italiane e americane. Il CASTORE per poco non si spezzò in due, nel Bollettino abbiamo pubblicato due foto della nave “spezzata” nell’Arsenale di Messina, dove era stata rimorchiata per le più urgenti riparazioni. Nei giorni scorsi, sfogliando un vecchio numero della gloriosa rivista Interconair Aviazione e Marina (n. 24, maggio 1965), ho trovato la foto che allego qui di seguito, scattata in mare da una delle navi soccorritrici, alla luce dei riflettori di bordo. Penso renda meglio di molte altre la drammaticità della situazione in mare di quella notte. Non bisogna infatti dimenticare che quattro marinai furono vittime dell’incidente e di due non furono mai ritrovati i corpi. Nell’articolo sul Bollettino mi fermavo all’incidente, concludendo con un breve cenno sulla sistemazione della fregata che, al termine dei lavori sommari, fu rimorchiata a Genova. I danni erano notevoli, per cui la nave rimase inutilizzata per circa un anno. Dal marzo 1966 al marzo 1967 fu rimodernata, prima fra le quattro unità della classe. In particolare, fu modificato l’armamento, sbarcando le due torri binate da 76/62 “sovrapposto”, che non avevano dato i risultati sperati, che furono sostituiti con tre torri singole del nuovo 76/62 “allargato”. Furono altresì sbarcate le IV mitragliere Breda da 40/70. Al termine dei lavori l’armamento di tutte le quattro fregate era composto da III 76/62 OTO-Melara, I Lanciabas, VI TLS A.S. in due complessi trinati posti a mezzanave. Furono inoltre apportate modifiche ai locali della nave, piuttosto sacrificati nella versione originale, per migliorare confort e abitabilità. Altre modifiche riguardarono l’elettronica e l’automazione. Questi disegni (Almanacco Navale 1970/71) raffigurano l’aspetto di tutte le unità della classe prima e dopo l’ammodernamento. In questo disegno (Interconair Aviazione e Marina n. 31, giugno/luglio 1966), relativo all’aspetto definitivo della fregata CASTORE, sono descritte tutte le modifiche operate sulla fregata, che fece da prototipo per l’ammodernamento delle altre unità. 1 – Antenna del radar nautico tipo S.M.A./SPQ2, al posto del Jason 2 – Antenna del radar per ricerca aerea tipo AN/SPS-6, in posizione rispetto all’originale. 3 – Antenna di un nuovo radar non precisato S.M.A.. 4 – Centralina di tiro tipo San Giorgio con radar MLT-4, invariata. 5 – Centralina di tiro secondaria tipo Galileo OG-3, invariata. 6 – Lanciabas trinato a lunga gittata, invariato. 7 – Cannoni automatici da 76/62 mm OTO Melara, leggermente modificati rispetto a quelli imbarcati sui Doria/impavido. 8 – Lanciasiluri trinati A.S. Tipo Mark 32, al posto dei lanciabas corti. 9 – Nuovo quadrato ufficiali. Per queste brevi righe, le mie fonti principali sono stati i due numeri prima citati di Aviazione e Marina, alcuni Almanacchi Navali ed alcuni Jane’s, oltre al necessario volume di Franco Bargoni “Esploratori, Fregate, Corvette ed Avvisi Italiani” edito dall’USMM nel 1970. Buona giornata.
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  42. Dear Claudio and Giuseppe, Many thanks for your kind comments. The site is intended to give an overall view of operations in chronological order and complete the information already available on uboat.net. It provides statistics and other details. Please feel free to point out errors or any additional information. Best wishes, Platon
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  43. Forse sono stato distratto e mi era sfuggita l'avvenuta pubblicazione sul ben noto sito uboat.net di un enorme lavoro sviluppato da Platon Alexiades sui sommergibili italiani. Potete trovare quello di cui parlo a questo link https://uboat.net/italian_submarines/ Sono riportati, con la precisione di cui è capace Platon, i dettagli tutti le classi di sommergibili, tutti i sommergibili, la loro perdita, tutti i comandanti, la classifica degli affondamenti, le navi affondate, insomma "di tutto, di più". Il tutto è in formato ipertestuale e si può passare con facilità da una voce all'altra. Gli aggiornamenti sono costanti. Ammetto di essermi immerso fra queste pagine di uboat.net per giorni e di averne visitato solo una piccola parte.
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  44. Grazie per questa anticipazione.Speriamo che la data di apertura presuntiva (inizio 2025) sia rispettata.In ogni caso un museo da visitare.Attendo notizie.
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  45. E' il lavoro che speravo potesse pubblicare in carta. @Platon Alexiades complimenti
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  46. Il 2 giugno scorso ha fatto scalo a Messina la nave da crociera CARNIVAL LEGEND. Segue...
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  47. Si, risente positivamente del fatto di essere stata costruita nei primi anni Novanta. EDIT: però la mia preferita resta questa.
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  48. Il 29 aprile scorso è transitata dallo Stretto di Messina il traghetto SARDINIA VERA, diretto ad Aliaga per la demolizione. Buona serata.
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