Francesco Mattesini Posted June 6, 2017 Report Share Posted June 6, 2017 (edited) L’operazione “Perpetual I”e l’affondamento della portaerei Ark Royal(10 – 14 Novembre 1941) Il 10 novembre 1941, all’indomani della distruzione del convoglio italo-tedesco “Beta” (“Duisburg”) da parte della Forza K di Malta, un piccolo complesso navale britannico costituito da due incrociatori leggeri (Aurora e Penelope) e due cacciatorpediniere di squadra (Lance e Lively), ebbe inizio nel Mediterraneo occidentale un’importante operazione navale britannica, denominata in codice “Perpetual”.[1] Essa era stata pianificata a Londra dall’Ammiragliato per fare arrivare in Egitto, con scalo intermedio a Malta, tre Squadron di velivoli da caccia Hurricane della Royal Air Force (RAF): il 242° e il 605°, costituiti con piloti veterani della battaglia d’Inghilterra, e il 258° di nuova formazione. I velivoli e i loro piloti furono fatti affluire dalla Gran Bretagna a Gibilterra con la piccola e vecchia portaerei Argus e con il trasporto militare Athene (ex Clan Brodie), che arrivarono in quella base del Mediterraneo occidentale nei giorni 7 e 8 novembre. L’Argus (capitano di vascello George Tothill Philip) aveva sul ponte di volo ventitré Hurricane, dodici dei quali furono trasbordati sulla portaerei Ark Royal (capitano di vascello Loben Edward Harold Maund) che faceva parte della Forza H del vice ammiraglio James Somerville, la Squadra navale della Royal Navy con base a Gibilterra, costituita nel giugno 1940 e destinata a operare nel Mediterraneo occidentale e nell’Atlantico nord-orientale. L’Ark Royal ricevette altri quattordici Hurricane dall’Athene, che ne aveva trasportati a Gibilterra ben trentanove.[2] I primi a essere trasferiti con le due portaerei, con un’operazione di lancio prevista per il giorno 11 novembre, erano gli Hurricane del 242° Squadron e di una parte di quelli del 605°. Per mancanza di spazio sui ponti di volo, i restanti Hurricane del 605° e quelli del 258° Squadron furono tenuti pronti per essere imbarcati sulle due portaerei in una seconda operazione di lancio.[3] Alle 02.35 del 10 novembre, nello stato di entusiasmo e soddisfazione per il successo della Forza K di Malta sul convoglio “Beta”, la Forza H prese il mare da Gibilterra per assicurare la scorta all’Argus e all’Ark Royal, con un complesso navale costituito dalla corazzata Malaya – su cui innalzava l’insegna il vice ammiraglio Somnerville – dall’incrociatore Hermione, e dai grossi cacciatorpediniere di squadra della 19a Flottiglia Laforey, Lightning, Legion, Zulu, Gurkha, Sikh e Isaac Sweers, quest’ultimo della Reale Marina olandese. Dopo essere transitate a nord dell’Isola Alboran, le navi britanniche, assumendo rotta 65°, diressero alla velocità di 18 nodi per est-nordest fino alle ore 18.00, per poi mutare la direttrice di marcia in direzione delle Isole Baleari, simulando una diversione, e ritornando dopo il tramonto sull’originale rotta 65°, che fu mantenuta durante tutta la notte. In questo periodo si ebbe un solo allarme da parte di un idrovolante Catalina decollato da Gibilterra per protezione antisom della Forza H, che alle 15.26 del 10 novembre segnalò la presenza di un piroscafo diretto a nord, riconosciuto per il francese Chaley. A causa delle sfavorevoli condizioni meteorologiche, e perché per lo stesso motivo i velivoli Blenheim della RAF che dovevano guidare gli Hurricane a Malta erano rimasti a Gibilterra, come segnalò alle 21.20 del 10 il Comando del 200° Gruppo della RAF, il vice ammiraglio Somerville non poté attuare il programma di lancio dei velivoli da caccia, previsto per il mattino dell’11, e fu costretto a rimandarlo al giorno successivo. Pertanto, all’alba dell’11 la Forza H ritornò verso occidente, per aumentare la distanza dagli aeroporti della Sardegna prima che i ricognitori italiani potessero dare l’allarme, e per non correre il rischio di farsi sorprendere dagli attacchi dei bombardieri e aerosiluranti, con le navi portaerei incapaci di svolgere con i propri caccia un’auspicabile reazione difensiva, avendo i ponti di volo ingombri dagli Hurricane. Somerville si era venuto a trovare nella spiacevole situazione di dover rimanere in mare per un periodo di ventiquattrore oltre il previsto, senza avere alcuna protezione aerea antisom, e disponendo unicamente di una limitatissima forma di difesa aerea, rappresentata da due soli caccia Hurricane del tipo navale, tenuti pronti sul ponte di volo dell’Argus per il caso fosse stato necessario intercettare i ricognitori nemici o fronteggiare una minaccia aerea nemica che si fosse profilata.[4] I preparativi della partenza della Forza H da Gibilterra erano stati regolarmente segnalati agli osservatori dell’Asse stanziati sulle due rive dello Stretto. La presenza delle navi britanniche nel Mediterraneo occidentale era stata poi confermata alle ore 14.35 del 10 novembre da un avvistamento francese verificatosi a circa 40 miglia a nord di Orano, ed arrivato a Supermarina alle 00.35 del 22 dalla Commissione di Armistizio con la Francia (CIAF) con sede a Torino, su informazione dalla delegazione francese che però riportava la presenza nella formazione navale britannica di un sola portaerei, invece di due. Considerando la possibilità che si trovasse in mare anche un convoglio diretto a levante, alle 00.45 Superaereo, l’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Aeronautica, con il messaggio 1B/90065 ordinò al Comando dell’Aeronautica della Sardegna di predisporre, per l’indomani mattina, un ampio servizio di ricognizione a ovest e a sudovest dell’isola, da ripetere nel pomeriggio, impiegando i velivoli terrestri Cant.Z.1000 bis dell’Armata Aerea (Armera) e gli idrovolanti Cant.Z.506 della Ricognizione Marittima, tutti con a bordo un ufficiale osservatore della Marina. Nel frattempo, a iniziare dalle ore 10.00, dovevano essere tenuti pronti su allarme gli aerosiluranti e i caccia di scorta.[5] L’attività aerea di ricognizione, entrata in attuazione a iniziare dalle prime ore dell’alba dell’11, dette i suoi frutti alle ore 10.35, quando un trimotore Cant.Z.1007 bis della 212a Squadriglia del 51° Stormo Bombardamento Terrestre, impiegato nella ricognizione R.9, segnalò la Forza H nella sua esatta composizione, in lat. 37°45’N, long. 03°04’E, mentre procedeva con rotta levante (90°) e velocità apprezzata in 18 nodi.[6] La segnalazione del velivolo italiano fu intercettata dalle unità britanniche alle 09.05, dopo che i radar avevano percepito la presenza di due aerei che erano stati ritenuti francesi.[7] In seguito all’ipotetico apprezzamento che la forza navale britannica, avanzando verso levante, potesse trovarsi in serata sul meridiano di Capo Carbonara, per poi attaccare nella notte obiettivi della Sardegna con i velivoli delle navi portaerei, alle 13.25 dell’11 lo Stato Maggiore Generale delle Forze Armate italiane (Comando Supremo), inviò per telescrivente a Supermarina (l’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Marina) e a Superaereo il messaggio n. 4048 che, a firma del generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate italiane, riportava:[8] Per contrasto forza navale nemica Supermarina disporrà come previsto ricognizioni marittime et azioni mezzi insidiosi sud Sardegna et Canale Sicilia. Superaereo disponga azioni aeree da bombardamento et aerosiluranti nei limiti protezione caccia et favorevoli per luce. Non si prevede per un intervento forza navale. In conformità con questi ordini del Capo del Comando Supremo, Superaereo mise in allarme il Comando dell’Aeronautica della Sardegna perché predisponesse i compiti di vigilanza con i reparti da caccia e per esercitare l’eventuale contrasto con i reparti aerei offensivi, impiegando velivoli “da bombardamento e aerosiluranti entro limiti protezione caccia e in ore favorevoli di luce”.[9] Successivamente, alle 16.25, Superaereo provvide a mettere in allarme le difese aeree della Sicilia, dalla sera dell’11 fino all’indomani, ordinando di tenere pronti bombardieri, aerosiluranti e caccia diurni e notturni. Supermarina, a sua volta, dispose per il concentramento di due sommergibili (Aradam e Squalo) fra Marettimo e Tunisi, di altri quattro (Turchese, Bandiera, Onice e Narvalo) a levante di Malta, e per gli agguati notturni di Mas di Trapani e Pantelleria nel Canale di Sicilia. Inoltre alle 12.20 Supermarina aveva precauzionalmente sospeso il traffico dei piroscafi che dall’Italia andavano a imbarcare fosfati in Tunisia Nel frattempo, dopo l’inversione di rotta la Forza H aveva continuato a navigare verso occidente fino alle 21.30, quando diresse nuovamente a oriente per raggiungere la posizione fissata per il decollo degli aerei, che ebbe inizio alle 10.21 del 12 Novembre, con la partenza di tredici Hurricane dall’Ark Royal e sei dalla Argus. Complessivamente, fino alle 11.12, presero in volo in quattro formazioni trentasette Hurricane, cui si aggiunsero per guidarli nel lungo trasferimento in mare aperto fino a Malta, otto bombardieri bimotori Blenheim decollarti dall’aeroporto di Gibilterra alle 07.10, e dei quali i primi quattro erano giunti in vista delle navi alle 10.04, in perfetto orario. Alle ore 16.25 il Comandante di Marina a Malta, vice ammiraglio Wilbraham Ford, segnalò al vice ammiraglio Somerville che erano giunti a destinazione sette Blenheim e trentaquattro Hurricane: diciotto del 242° Squadron e sedici del 605°. Dei tre velivoli da caccia mancanti, tutti del 242° Squadron, uno aveva effettuato un atterraggio di fortuna in Sicilia, gli altre due nel Nord Africa francese, mentre uno di quelli giunti a destinazione a Malta riportò danni in atterraggio.[10] Fu anche ricevuta la notizia che l’ottavo Blenheim era rientrato a Gibilterra per un guasto meccanico a un motore. Dopo aver fatto decollare gli Hurricane, alle 11.30 del 12 novembre le grandi navi della Forza H, che durante la partenza degli aerei si erano divise in due gruppi con le portaerei Ark Royal e Argus distanti 5 miglia l’una dall’altra, si ricongiunsero disponendosi in linea di fila, con la corazzata Malaya in testa, seguita dall’Ark Royal e Argus, mentre l’incrociatore Hermione e i sette cacciatorpediniere Laforey, Lightning, Legion, Zulu, Gurkha, Sich e Isaac Sweers si posero in posizione di scorta. La formazione accostò poi verso occidente, per dirigere per il rientro a Gibilterra, zigzagando alla velocità di 16 nodi, e le portaerei, potendo ormai usufruire della piena operatività del ponte di volo, mantennero in volo durante tutta la giornata una pattuglia di quattro caccia Fulmar e uno Swordfish per vigilanza antisom. Misura necessaria perché già nel corso della mattinata i radar avevano percepito la presenza di due aerei italiani, e ne avevano intercettato, alle 09.07, un primo segnale di avvistamento della Forza H. Alle 14.00 la velocità delle navi fu aumentata a 18 nodi, e subito dopo furono intercettati segnali trasmessi da altri ricognitori italiani, uno dei quali alle 14.25 fu impegnato dai Fulmar dell’808° Squadron che però non riuscirono ad abbatterlo.[11] Si trattava di un velivolo da ricognizione Cant.Z.1007 bis della 212a Squadriglia del 51° Gruppo dell’Aeronautica della Sardegna.[12] In realtà, si ebbero durante la giornata del 12 novembre tre avvistamenti della Forza H da parte dei velivoli Cant.Z.1007 bis del 51° Gruppo Bombardamento Terrestre, reparto, su due squadriglie (212a e 213a), dislocato sull’aeroporto di Villacidro e specializzato in compiti di ricognizione strategica in mare aperto. La prima segnalazione di avvistamento delle ore 10.07 (09.07 secondo il fuso britannico avanti di un’ora), trasmessa al Comando dell’Aeronautica della Sardegna (Cagliari) da parte di un velivolo della 212a Squadriglia, fu ritrasmessa per telefono da Marina Cagliari a Supermarina alle 11.00. L’ufficiale osservatore del Cant.Z.1007 bis, sottotenente di vascello Mucignato, a causa della scarsa visibilità tra i 100 e i 5.000 metri, riportava l’avvistamento di due corazzate, un tipo “Barham” e una probabile del tipo “King George V”), due portaerei, l’Ark Royal e la Furious, un incrociatore tipo “Southampton” e sette cacciatorpediniere. Naturalmente la corazzata tipo “King George V” era inesistente, mentre al posto della portaerei Furious vi era l’Augus. Le altre due segnalazioni, particolarmente precise nella composizione e riconoscimento delle navi della Forza H, si ebbero nel pomeriggio, alle 14.50, a 70 miglia a nord di Algeri, e alle 16.50, più a ponente, per opera di due Cant.Z.1007 bis della 213a Squadriglia, uno dei quali per l’attacco dei Fulmar dell’808° Squadron, riportò gravi danni al serbatoio della benzina e alle eliche, e fu costretto ad atterrare ad Elmas con due feriti gravi, dei quali il 1° aviere armiere Federico Craighero decedette. Gli uomini dell’equipaggio alle mitragliere ritennero di aver abbattuto un caccia nemico del tipo Hurricane.[13] Il mattino di quel 12 novembre il generale Cavallero ebbe un colloquio a Palazzo Vidoni, sede del Comando Supremo, con il Capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio Arturo Riccardi, e con il sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica generale Giuseppe Santoro. Quindi alle 11.30 Cavallero si recò a Palazzo Venezia, per riferire al Capo del Governo Benito Mussolini quali fossero i piani dei nuovi urgenti convogli da inviare in Libia dopo la distruzione del “Duisburg”, che aveva causato la sospensione del traffico oltremare. Il Duce, rimasto deluso dalla perdita del convoglio “Duisburg”, e avendo saputo che la Forza H si trovava in mare, ordinò che fosse preparata un’azione aeronavale contro la flotta britannica, “per fare da rivalsa” sul nemico con il massimo delle forze. Ritenendo erroneamente che lo scopo dei britannici fosse di scortare un convoglio destinato a raggiungere Malta, Cavallero ordinò all’ammiraglio Riccardi e al generale Pricolo, Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, di predisporre i sommergibili e gli aerosiluranti e di “concentrare la massa dei mezzi sul Canale di Sicilia”.[14] Sempre nella giornata del 12, quando ancora a Roma non si conosceva che la Forza H era uscita soltanto per lanciare aerei da caccia Hurricane destinati a Malta, e che quindi quella squadra navale britannica non si sarebbe portata molto a levante di Algeri, il generale Cavallero fissò con il generale Pricolo gli obiettivi da assegnare all’Aeronautica, indicando di colpire per primi le navi portaerei e i piroscafi”.[15] Il segnalato rientro verso la base di Gibilterra della Forza H, fece cessare questo stato di allarme, in nulla di fatto. Sempre durante la giornata del 12 novembre, il vice ammiraglio Somerville ricevette due segnalazioni sulla presenza di sommergibili tedeschi nella zona a levante di Gibilterra. Il primo segnale trasmesso dal Comando in Capo del Nord Atlantico a Gibilterra, riportava la notizia dell’affondamento del neutrale piroscafo spagnolo Castillo Oropesa (ex britannico Georgios Nicolau), che in realtà era stato silurato l’8 novembre dal sommergibile italiano Enrico Dandolo (tenente di vascello Walter Auconi) nella baia di Melilla, e quindi in acque metropolitane iberiche.[16] Il secondo segnale riguardava l’avvistamento di un grosso sommergibile, che era stato localizzato alle 10.48 del 12 da un aereo britannico mentre appariva fermo in superficie in lat. 36°32’N, long. 03°23’W, corrispondente a 35 miglia a nord-nordovest dell’Isola Alboran. In effetti, in quel momento si trovavano dislocati nelle acque a levante dello Stretto di Gibilterra due sommergibili tedeschi, l’U-81 e l’U-205, i quali facevano parte di un gruppo di quattro U-boote, denominato “Arnaud” che, provenienti dall’Atlantico, avevano superato lo Stretto di Gibilterra nella notte tra l’1 e il 12 novembre. Erano stati destinati a operare nel Mediterraneo occidentale, appoggiandosi alle basi italiane, in particolare la Spezia, sede della 29a Flottiglia Sommergibili, mentre la 23a Flottiglia, operando nel Mediterraneo orientale, aveva sede a Salamina.[17] Al gruppo “Arnaud” appartenevano l’U-565 e l’U-433. Quest’ultimo scoperto dal radar della corvetta britannica Marigold, fu affondato dalla stessa unità con le bombe di profondità poco dopo la mezzanotte del 16 novembre a sud di Malaga. L’U-81 e l’U-205 si trovavano in buona posizione per operare contro la Forza H, e contro di essa furono manovrati dal loro Comando per intercettarla sulla rotta del rientro a Gibilterra.[18] La notizia che la ricognizione aerea italiana aveva individuato la Forza H arrivò al Comandante in Capo dei Sommergibili tedeschi (Befehlshaber der Unterseeboote – B.d.U.), nel pomeriggio del 12 novembre. L’ammiraglio Karl Dönitz, che aveva la sua sede operativa nel porto atlantico francese di Lorient, non perse tempo. Avendo constatato che l’U-81 e l’U-205 si trovavano in buona posizione per intercettare le unità britanniche, il B.d.U. inviò loro il seguente schematico ordine: “Prendete posizione davanti Capo Delgata, Squadra nemica nel quadratino CH 9148, rotta ovest”. La segnalazione impiegò cinque ore per giungere ai due sommergibili, ma il ritardo non ebbe alcuna influenza negativa perché i comandanti apprezzando che la Forza H, per rientrare a Gibilterra, sarebbe passata nella loro zona, decisero di mantenere la posizione d’agguato.[19] Il mattino di venerdì 13 novembre, quando era ancora buio, il tenente di vascello Franz-Georg Reschke, comandante dell’U-205, fu chiamato in plancia dall’ufficiale di guardia, che aveva avvistato fumi all’orizzonte, e quindi, avendo constatato trattarsi di unità da guerra, segnalò al B.d.U.: “Squadra nemica in vista alle 05.06”. L’U-81 intercettò la trasmissione del messaggio, e il suo comandante, tenente di vascello Fritz Guggenberger, pur trovandosi alquanto distante dalla posizione segnalata dall’U-205, manovrò ugualmente per intercettare la formazione navale britannica. Nel frattempo il comandante Reschke aveva ordinato l’immersione e, portando il suo sommergibile a quota periscopica, manovrò per raggiungere una posizione favorevole che gli permettesse di attaccare una portaerei, riconosciuta per l’Ark Royal. L’avvicinamento dell’U-205 ebbe esito positivo, e quindi da posizione favorevole, alle 05.06 lanciò di prora due siluri contro quella grande nave e un terzo siluro su un cacciatorpediniere della scorta, il Legion (capitano di fregata Richard Frederick Jessel) che, trovandosi sul fianco destro dello schermo, accortosi della minaccia subacquea stava dirigendogli contro. Dopo l’attacco l’U-205 si disimpegnò scendendo in immersione e portandosi alla quota di 120 metri. Immediatamente dopo il sommergibile fu sottoposto dall’unità nemica a un lancio di bombe di profondità, che però non essendo precise in distanza e quota fecero soltanto rumore e non procurarono nessun danno. Frattanto, avendo percepito tre esplosioni attribuite all’impatto dei siluri, il comandante Reschke stimò di aver colpito entrambe le unità prese di mira, la portaerei e il cacciatorpediniere.[20] In realtà l’attacco dell’U-205 – che nel Mediterraneo avrebbe conseguito il suo più grande successo il 16 giugno 1942 affondando a sud di Creta l’incrociatore leggero britannico Hermione – ebbe esito deludente. La portaerei Ark Royal, che si trovava in testa alla formazione, non fu colpita, mentre il siluro diretto contro il cacciatorpediniere Legion esplose alle 05.13 (04.13 ora britannica) nei pressi di quella nave, senza causarli alcun danno.[21] La Forza H continuò nella sua rotta verso Gibilterra, e quattro ore più tardi, alle 09.17, il vice ammiraglio Somerville informò le unità della formazione che erano stati segnalati sommergibili nelle vicinanze e che pertanto era necessario aumentare la vigilanza. Infatti, era avvenuto che l’organizzazione crittografica britannica Ultra aveva decifrato alcuni messaggi, trasmessi via radio con il codice della macchina cifrante Enigma, dai quali risultava che due sommergibili tedeschi provenienti dall’Atlantico operavano a levante di Gibilterra. In seguito a ciò l’Ammiragliato britannico aveva potuto comunicare fin dal mattino del 12 novembre, che ai due U-boote erano state assegnate zone di operazione situata a sud e a nord del 35° parallelo, e di questa minaccia fu subito informato il comandante della Forza H.[22] Durante la mattinata le condizioni meteorologiche andarono migliorando e, con il vento che soffiava da ovest, l’Ark Royal era in grado di svolgere le operazioni di volo, iniziate alle 06.45 con il decollo di sei velivoli Swordfish con compiti antisom, senza doversi spostare al di fuori dallo schermo dei cacciatorpediniere. Alle 10.00 del 13 con tempo buono e soleggiato, la flotta manovrò in modo da dare l’impressione di voler passare a sud di Alboran, poi invece, diresse per 305°, in modo da transitare a nord dell’isola, con l’intenzione di avvicinarsi a Gibilterra con rotta diretta (270°). Nel frattempo gli operatori assegnati agli apparati di ricerca Asdic e Radar continuarono ad esercitare la più accorta vigilanza. Alle 09.55, trovandosi il Laforey (capitano di vascello Reginald Maurice James Hutton)a circa 50 miglia ad est di Gibilterra sul fianco destro dello schermo, il cacciatorpediniere aveva riportato un contatto Asdic con un sommergibile, contro il quale alle 01.08 sganciò due bombe di profondità. Fu allora ordinata alla Forza H un’accostata di emergenza di 90° a sinistra, manovra che fu prolungata fino a quando, avendo il Laforey perduto il contatto, si ritenne trattarsi di un falso allarme.[23] Alle 11.57 il Lightning (capitano di fregata Richard Graham Stewart) ottenne un contatto asdic a dritta, e la formazione effettuò un turno di emergenza di 90 gradi, proseguendo nella rotta fino a quando, alle 12.01, fu ritenuto trattarsi di un altro falso allarme, o almeno ritenuto tale dal momento che la Forza H si trovava a passare proprio nella zona in cui operava in immersione l’U-81 Un altro contatto si verificò alle 15.10 ad opera del Laforey, e nuovamente la flotta accostò di emergenza a dritta, ma poiché fu poi ritenuto non trattarsi di un sommergibile (“non sub”) alle 15.29 la rotta fu ripresa per 270°. In quel momento l’Ark Royal aveva in volo quattordici aerei che dovevano atterrare, ed altri otto (sei Swordfish e due Fulmar) sul ponte di volo. La portaerei mise la prua al vento facendo decollare cinque Swordfish alle 15.35, dopo di che l’Ark Royal, rientrò in formazione.[24] Il tenente di vascello Guggenberger, comandante dell’U-81, osservando da quota periscopica, aveva avvistato la formazione navale britannica alle 14.22. Dopo aver manovrato opportunamente per raggiungere una posizione d’attacco favorevole, alle 15.37 dette il “fuori” ai quattro siluri G7e dei tubi di lancio poppieri, e angolati per colpire due navi, la corazzata Malaya (capitano di vascello Cuthbert Coppinger), che alla distanza stimata di 3.500 metri si trovava in testa alla linea delle unità maggiori, e la portaerei Ark Royal che la seguiva di poppa. Il lancio dei siluri, che erano stati regolati per la profondità di 5 metri e avevano una carica esplosiva di 300 chili, avvenne a intervalli di un secondo e mezzo. Nella fase di disimpegno dell’U-81, che si stava rapidamente immergendo a grande profondità, furono udite dall’equipaggio tre distinte esplosioni, verificatesi a breve intervallo l’una dall’altra, per cui il comandante Guggenberger fu indotto a credere di aver colpito sicuramente soltanto la nave da battaglia.[25] L’attacco dell’U-81 si realizzò quando la Forza H aveva ripreso la sua rotta originale, che era stata alterata dall’accostata di emergenza di 90 gradi sulla sinistra. La formazione navale stava zigzagando alla velocità di 19 nodi quando, alle 15.38, i cacciatorpediniere Gurkha e Legion percepirono all’Asdic rumori di eliche a grande velocità in avvicinamento. La manovra per evitare i siluri non riuscì del tutto, poiché alle 15.41 uno di essi andò a colpire l’Ark Royal, che in quel momento aveva in volo quattordici velivoli e altri erano pronti a decollare sul ponte. L’esplosione avvenne a centro nave sul lato dritto, nella chiglia di sentina all'interno del sistema di protezione laterale, tra una cisterna del carburante e un deposito delle bombe, sotto il ponte di comando della portaerei che in quel momento si trovava in lat. 36°03’N, long. 04°40’W, corrispondente a 30 miglia per 98° da Punta Europa. L’ufficiale di rotta dell’U-81 aveva stimato la posizione di attacco nel quadrato CG 9655, corrispondente a lat. 36°06’N, long. 04°54’W, che è molto vicina a quella riportata dall’Ark Royal. Mentre il Gurkha e il Legion dirigevano per nord-est alla ricerca del sommergibile che aveva attaccato l’Ark Royal, la portaerei fu presa sotto la protezione del Laforey e del Lightning, con cui si aggiunse il concorso contraereo dell’incrociatore Hermione (capitano di vascello Geoffrey Nigel Oliver), con i suoi dieci cannoni ad alta elevazione da 133 mm, mentre altri tre cacciatorpediniere, Sikh, Zulu e Isaac Sweers rimasero con la Malaya e con l’Argus che, proseguirono verso occidente. Ma circa mezz’ora dopo lo Zulu tornò indietro per dare soccorso all’Ark Royal, e le altre quattro navi arrivarono a Gibilterra alle 18.20 del 13 navigando alla velocità di 18 nodi.[26] Pochi minuti dopo essere stata colpita l’Ark Royal, con un foro di 39 metri di lunghezza per 9 metri di profondità, s’inclinò di 12 gradi e tutto l’impianto elettrico di quella grande e moderna nave portaerei, di 22.000 tonnellate, venne a mancare, e le linee di comunicazioni interrotte. L’apparato di propulsione di dritta cessò di funzionare facendo arrestare la nave alle 15.52, e quattro paratie iniziarono a cedere alla pressione dell’acqua, che per mancanza di energia non poteva essere contenuta dalle pompe. Dopo circa mezzora, quando era stata inserita l’illuminazione ausiliaria alimentata da batterie, l’allagamento cominciò a entrare a dritta nel locale caldaie, e l’inclinazione della portaerei aumento paurosamente a 18 gradi, impedendo agli aerei in volo, che giravano intorno alla loro nave, di atterrarvi. Lo sbandamento che si stava verificando sul fianco sinistro, interessando con l’allagamento una centralina elettrica e i depositi della nafta e della sentina di dritta per un’estensione di oltre 32 metri, fu parzialmente bilanciato mediante l’allagamento dei locali situati sul lato opposto. Tuttavia il comandante, capitano di vascello Maund, temendo il peggio, ritenne prudente evacuare quella parte di ufficiali e dell’equipaggio non impegnati nelle operazioni di salvataggio della portaerei.[27] In seguito a questa decisione, poi criticata da una commissione d’inchiesta perché avrebbe fatto perdere tempo nel controllo dei danni, alle 16.00 il Legion del capitano di fregata Jessel si portò sottobordo all’Ark Royal, e si affiancò sul lato sinistro della portaerei, presso la poppa, per imbarcare 1.487 uomini dell’equipaggio che, mediante cavi calati dai ponti, scesero sul cacciatorpediniere. Quando alle 16.48 ebbe termine l’operazione del recupero il Legion apparve carico di gente fino all’inverosimile. Alle 17.30 il cacciatorpediniere Laforey (capitano di vascello Reginald Maurice James Hutton), che era la nave comando della 19a Flottiglia e della scorta alla Forza H, su richiesta del comandante Maund si accostò alla danneggiata portaerei per fornirgli con i suoi accumulatori l’energia elettrica necessaria per rimettere in funzione le caldaie. Alle 20.00 sopraggiunse il vice ammiraglio Somerville, il quale subito dopo l’arrivo della Malaya a Gibilterra si era trasferito sul cacciatorpediniere Sikh (capitano di fregata Graham Henry Stokes), che aveva poi raggiunto la zona del sinistro navigando alla velocità di 32 nodi. A iniziare dalle 19.30 del giorno 13 novembre i rimorchiatori Thames e Saint Day, che insieme al Saint Omer, allo sloop Wild Swan e alle motolance della 3a Flottiglia ML-121, 130, 132, 135, 170, 172 e 176 avevano lasciato Gibilterra intorno alle 16.30 per andare a dare assistenza all’Ark Royal, presero a rimorchio l’immobilizzata portaerei, che aveva allagata anche la sala caldaie di prora. Prima il Thames passò il rimorchio alla portaerei e lo stesso fece quaranta minuti dopo il Saint Day. Il rimorchiatore Saint Omer, invece, non essendo riuscito nell’oscurità a trovare la portaerei, rientrò a Gibilterra. Alle 20.40, quando l’Ark Royal ebbe di nuovo l’erogazione del vapore, i due rimorchiatori cominciarono faticosamente a trainarla alla modestissima velocità di 2 miglia all’ora. Alle 21.40 il cacciatorpediniere Legion si accostava nuovamente all’Ark Royal per far tornare a bordo personale elettrico. Le possibilità di recupero di quella preziosa nave sembravano buone, anche perché la velocità era salita a 5 nodi, quando alle 02.15 del 14, a causa dell’allagamento della presa dei fumaioli causato dallo sbandamento della portaerei, che non permetteva l’uscita dei gas di combustione delle caldaie, cominciò a divampare un incendio sotto l’isola. La pressione del vapore si abbassò nuovamente, e con essa cessò la possibilità di pompare l’acqua dai locali allagati. Sebbene il cacciatorpediniere Laforey si fosse nuovamente affiancato all’Ark Royal per continuare a fornire energia elettrica, e il capitano di vascello Hutton alle 22.24 avesse trasmesso che gli allagamenti sulla portaerei sembravano sotto controllo, le pompe non potevano più a lungo impedire all’acqua di salire nei locali allagati e di estendersi oltre. Tra le 02.20 e le 04.30, lo sbandamento dell’Ark Royal passò dai 20 ai 35 gradi, e pertanto il vice ammiraglio Somerville, che dal Sikh si era trasferito sul Laforey per poter sorvegliare con maggiore attenzione l’opera di salvataggio della portaerei, prese la ingrata decisione di farla abbandonare da quanti ancora si trovavano a bordo. Fu allora ordinato di abbandono nave, con gli uomini che salirono sul cacciatorpediniere Laforey e sui rimorchiatori Thames e Saint Day, che poi si allontanarono. Alle 05.45 lo sbandamento raggiunse i 45 gradi e la portaerei continuò a inclinarsi per poi rovesciarsi a 90 gradi, restò in posizione per tre minuti, quindi cominciare ad affondare verticalmente di poppa. Alle 06.24 l’Ark Royal scomparve penosamente sotto la superficie del mare del Mediterraneo, in una zona che fu calcolato trovarsi a sole 25 miglia a levante di Gibilterra.[28] Su oltre 1.500 uomini dell’equipaggio le perdite umane di quest’importante affondamento furono limitate al solo marinaio scelto Edward Mitchell, deceduto nell’esplosione del siluro; ma l’intero complesso dei velivoli della portaerei, al momento costituito dai caccia Fulmar dell’808° Squadron e dagli Swordfish dell’816° e 825° Squadron, andò perduto con la nave.[29] Si salvarono altri due reparti di volo dell’Ark Royal, comprendenti i due Squadron 807° e 812° che erano rispettivamente equipaggiati con velivoli Fulmar e Swordfish poiché, dovendo dare spazio agli Hurricane destinati a Malta, erano stati trattenuti a Gibilterra. Il 15 novembre essi furono imbarcati sull’Argus, che fu temporaneamente aggregata alla Forza H, rimasta priva di navi portaerei, senza poterle dare, per la sua limitata efficienza, l’appoggio aeronavale che le era necessario. Successivamente gli Swordfish dell’812° Squadron, che erano equipaggiati con l’eccellente radar di scoprta navale A.S.V., e che avevano equipaggi bene alleati nell’uso di quell’apparato di rilevamento, furono destinati ad operare da Gibilterra, nella zona dello Stretto, ove si dimostrarono veramente preziosi per rinforzarvi la vigilanza antisom.[30] Sulle conseguenze causate dall’affondamento dell’Ark Royal, lo storico britannico capitano di vascello Donald Macintyre, famoso comandante di gruppi di scorta nella Battaglia dell’Atlantico, ha scritto:[31] La perdita di questa famosa nave, tanto spesso attaccata dai tedeschi e tanto spesso data per affondata, fu un duro colpo per la Marina britannica, specie perché in quel momento la ILLUSTRIOUS e la FORMIDABLE erano ancora in riparazione negli Stati Uniti e l’INDOMITABLE era inutilizzata per i danni riportati andando in secca al largo di Kingston di Giamaica mentre addestrava gli equipaggi delle sue squadriglie. Non v’era insomma alcuna possibilità do sostituire l’ARK ROYAL a Gibilterra e, senza portaerei, la Forza H non poteva più prendere il mare per appoggiare i convogli diretti a Malta da ponente. La esatta posizione dell’affondamento dell’Ark Royal restò sconosciuta fino a metà dicembre 2002, quando la BBC trasmise che la società di indagini subacquee C & C Technologies, Inc. incaricata dalla stessa BBC di girare un documentario sull’archeologia marittima legata alle principali battaglie della Royal Navy, aveva individuato con un mini sommergibile il relitto della portaerei alla profondità di 1.000 metri, a 30 miglia al largo di Gibilterra, approssimativamente in lat. 36°06’35”N, long. 04°43’51”W. Quindi si trova in una zona più a est di quanto era stato ritenuto. La portaerei, com’era stato rilevato dai testimoni al momento dell’affondamento, si era spezzata in due tronconi, che si trovano sul fondale a distanza l’uno dall’altro con sparsi tutto intorno moltissimi frammenti, specialmente dell’isola. Le cause della perdita dell’Ark Royal furono attribuite a inesperienza e mancanza d’iniziativa nel controllo dei danni iniziato dopo quarantanove minuti dal siluramento. E durante questo periodo molto lungo l’allagamento rimase incontrollato, e al momento dell’evacuazione, compreso il personale elettricista, il più necessario per il controllo dei danni che poi fu fatto tornare a bordo, furono lasciati aperti diversi portelli che avrebbero dovuto restare chiusi. Inoltre ci furono altri ritardi dovuti alle squadre di riparazione nel tornare nei locali macchine per tentare di avviare le contro-inondazioni. E’ probabile che se gli interventi fossero stati più rapidi la portaerei avrebbe potuto salvarsi, raggiungendo il vicino porto di Gibilterra, per poi essere riparata. Tuttavia all’epoca furono riscontrati diversi difetti di costruzione, che contribuirono all’affondamento, come la sala caldaie, che non aveva compartimenti stagni, le cui prese d’aria si trovavano molto in basso per la presenza di un doppio ponte di volo, e per la mancanza di un motore d’emergenza Diesel. Difetti che nel frattempo erano già stati riscontrati ed eliminati nella costruzione delle portaerei classe “Illustrious” e “Implacable”. Inoltre, lo studio dei due tronconi dell’Ark Royal, dimostrò che il tentativo di riavviare i motori per fornire potenza aveva aumentato le sollecitazioni sullo scafo che si aggiunsero a quelle delle inondazioni. Una volta che la potenza delle macchine si era arrestata, il destino della nave era segnato. Pertanto la perdita della portaerei era stata causata soprattutto per difetti di costruzione, che non per il comportamento del comandante, che era stato considerato colpevole di negligenza da una commissione d’inchiesta nel febbraio 1942, per non aver assicurato completamente i controlli con la prontezza necessaria per evitare i danni alla sua nave, preoccupandosi principalmente del salvataggio dei suoi uomini. Francesco Mattesini [1] Per l’episodio dell’annientamento del convoglio “Beta”, vedi il grosso saggio dell’Autore “Il Disastro del convoglio “Duisburg”, pubblicato in due parti nel Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, settembre 1996, p. 77-201, e di dicembre 1996, p. 29-153. [2] L’Ark Royal, la terza nave a portare questo nome, la seconda quello di una nave portaerei, e stata la prima unità ad essere progettata e costruita come portaerei senza usufruire di uno scafo preesistente. Progettata nel 1934 secondo i limiti del trattato navale di Washington, fu impostata nel cantiere della Cammell Laird and Company, Ltd a Birkenhead il 16 settembre 1935, fu varata il 13 aprile 1937 e entrò in servizio nel novembre 1938. Le sue caratteristiche principali erano peso standard 22.352 tonn e a pieno carico 28.143 tonn, la lunghezza complessiva era di 244 metri e quella sulla linea di galleggiamento di 200 metri, la larghezza di 28,9 metri e il pescaggio di 8,5 metri. Il ponte di volo era di 219,3 metri x 34,1. La nave aveva 5 caldaie “Admiralty” a 3 tamburi, 3 turbine meccaniche Parson, e 3 eliche, ed era in grado di sviluppare una potenza di 102.000 cavalli. La velocità era di 31 nodi (57 Km/h), l’autonomia di 7.600 miglia a 20 nodi (12.200 Km/h), e l’equipaggio, compreso il personale di volo, comprendeva 1.630 uomini. L’armamento contraereo dell’Ark Royal era formato da 16 cannoni da 114 mm in 8 torri binate, 32 cannoni Pom-pom da 40 mm in 4 affusti ad 8 canne, 32 mitragliere da 12,7 mm in 8 affusti a 4 canne. La sua dotazione di velivoli era di 60 aerei, tra caccia, ricognitori e aerosiluranti. [3] Christopher Shores - Bian Cull - Nicola Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-1941, Londra, Grub Street, 1987, p. 334. [4] Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, Londra, 1957, p. 109 sg: Peter C. Smith & Edwin Walker, Malta Striking Forces, Ian Allan, Londra, 1974, p. 63. [5]Archivio Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico (da ora in poi ASMAUS), “Operazione Speciale n. 22”, GAM 8, b. 136. [6] Ibidem. [7] Rapporto del Comandante della Forza H n. 1026/24 del 24 novembre 1941. [8] Archivio Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico (da ora in poi ASMEUS), Diario Storico del Comando Supremo, novembre 1941. [9] ASMAUS, “Operazione Speciale n. 22”, messaggio n. 1B/19106, GAM 8, b. 136. [10] Alla perdita di tre Hurricane e di un Blenheim si aggiunse nella notte sul 12 novembre quella di quattro Swordfish dell’830° Squadron dell’Aviazione Navale britannica (FAA), decollati da Malta, assieme ad altri tre velivoli, al comando del capitano di corvetta J.G. Hunt per attaccare a ovest di Pantelleria un convoglio italiano salpato da Trapani e diretto a Tripoli. Avendo trovato lungo la rotta, dopo la partenza dall’aeroporto di Hal Far, vento di scirocco e foschia i velivoli persero l’orientamento e, superata Palermo e finita la benzina, furono costretti ad effettuare un atterraggio forzato sulla spiaggia di Cefalù. Vi riuscirono regolarmente, cadendo prigionieri degli italiani, gli equipaggi del capitano di corvetta Hunt e dei tenenti di vascello Campbell e Taylor. Andò invece distrutto, esplodendo in mare forse per l’urto su uno scoglio, il velivolo del sottotenente di vascello Wigram, che decedette assieme al suo osservatore, sottotenente di vascello Grifft. Uno dei tre Swordfish atterrati fu recuperato intatto dagli italiani. Due altri velivoli della RAF di Malta andarono perduti nella giornata del 12. Si trattava di un bombardiere Wellington del 40° Squadron, con capo equipaggio il comandante del reparto maggiore Green, che precipitò presso Calafrana al rientro da una missione da bombardamento notturna svolta contro il porto di Napoli, e di un caccia del 126° Squadron, pilotato dal sergente Simpson e facente parte di una formazione di ventuno Hurricane che il mattino del medesimo giorno 12 fu inviata ad attaccare l’aeroporto di Comiso. L’Hurricane fu abbattuto da tre Mc.202 del 9° Gruppo del 4° Stormo Caccia, guidati dal capitano Jacomo Frigerio, che aveva per gregari il sottotenente Giovanni Deanna e il sergente maggiore Massimo Salvatore. Cfr. K. Poolmann, Night Strike from Malta. 830° Squadron RN and Rommel’s Convoy, Jane’s, Londra, 1980, p. 133 sg; Christopher Shores - Bian Cull - Nicola Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-1941, Londra, Grub Street, 1987, p. 194. [11] Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, cit., p. 194. [12] Rapporto del Comandante della Forza H n. 1026/24 del 24 novembre 1941. [13] ASMEUS, Diario Storico del Comando Supremo, novembre 1941. [14] Per rinforzare a Messina la scorta agli incrociatori pesanti della 3a Divisione Navale, Gorizia e Trento, il mattino del 12 novembre Supermarina face partire da Taranto i cacciatorpediniere dell’11a Squadriglia Aviere, Camicia Nera e Geniere che arrivarono a destinazione, navigando all’ordinata velocità di 20 nodi nel tardo pomeriggio. Poiché l’ammiraglio Bruno Brivonesi era stato sbarcato in seguito all’episodio del convoglio “Duisburg”, era atteso in serata a Messina il suo successore, ammiraglio Angerlo Parona (fino al settembre 1941 Comandante di Betasom), che sarebbe arrivato a destinazione l’indomani da Roma, dopo essere arrivato a Palermo in aereo e aver proseguito in treno per Messina. [15] ASMEUS, Diario Storico del Comando Supremo, novembre 1941; Ugo Cavallero, Diario 1940-1943, Ciarrapico, 1984, p. 251. [16] Lo stesso sommergibile, per uno dei tanti errori di riconoscimento commessi dalle unità subacquee italiane, aveva in precedenza silurato e danneggiato la cisterna militare francese Le Tarn, incontrata il 3 novembre a nord di Algeri, proveniente da Orano, e che non era stata riconosciuta dal comandante Auconi per unità neutrale. [17] Per l’attività dei sommergibili tedeschi vedi Francesco Mattesini e Alberto Santoni, La partecipazione tedesca alla guerra Aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1980. Seconda edizione, collana Storia Militare, Parma 2005. [18] Ibidem, p. 121 sg. [19] Karl Alman, Les loups gris dans la mer bleue. Les sous-marins alemands en Mediterranée, Presse de la Cité, Paris, 1968, p. 27. [20] Ibidem, p. 27-29. [21] Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, cit., p. 194. [22] The Somerville papers. Selection from the Private ond Official Corrispondence of Admiral of the Fleet Sir James Somerville, G.C.B, D.S.O., Scolar Presse, Cambridge, 1995, p. 331. [23] Rapporto del Comandante della Forza H n. 1026/24 del 24 novembre 1941. [24] Ibidem; Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, cit., p. 194. [25] Karl Alman, Les loups gris dans la mer bleue. Les sous-marins alemands en Mediterranée, cit., p 31-33. [26] The Somerville papers. Selection from the Private ond Official Corrispondence of Admiral of the Fleet Sir James Somerville, G.C.B, D.S.O., cit., p. 332. [27] I.S.O. Playfair e altri, The Mediterranean and Middle East, volume III, Her Majesty Stationery Office (HMSO), Londra, 1960, p. 108. [28] The Somerville papers. Selection from the Private ond Official Corrispondence of Admiral of the Fleet Sir James Somerville, G.C.B, D.S.O., cit., p. 33; Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, cit., p. 197. [29] All’inizio della guerra, il 1° settembre 1939, l’Ark Royal era assegnata alla Home Fleet, con la quale partecipò alla campagna di Norvegia tra aprile e il giugno1940, ma alla fine di quest’ultimo mese, con l’entrata in guerra dell’Italia, fu trasferita a Gibilterra, dove si costituì la Forza H del vice ammiraglio James Somerville, la cui prima impresa, il 3 luglio, fu quella dell’attacco alla flotta francese nella base di Mers el Kibir, vicino ad Orano, per poi partecipare a tutte le grandi operazioni aeronavali che si svolsero nel Mediterraneo occidentale e nell’Atlantico orientale fino al momento della perdita,. Famosi, sono gli episodi della Battaglia di Capo Teulada contro la flotta italiana il 27 novembre 1940, e nello stesso anno l’8-9 gennaio 1941 la scorta al convoglio dell’operazione Excess diretto a Malta e al Pireo, il bombardamento di Genova del 9 febbraio 1941, l’operazione Tiger, l’8-9 maggio per far passare un convoglio con carri armati e aerei da caccia in Egitto. Famosissimo è l’episodio della caccia alla Bismarck, ove il suo intervento, dapprima con i ricognitori, che il 27 maggio rintracciarono la corazzata tedesca, e poi con l’attacco degli aerosiluranti, fu determinante nell’affondamento della corazzata tedesca da parte delle corazzate della Home Fleet King George V e Rodney, avvenuto dopo che un siluro lanciato da uno Swordfish aveva colpito il timone rendendo la Bismarck ingovernabile. Seguirono infine nel Mediterraneo le missioni di lancio dei caccia Hurricane e le operazioni Substance e Halberd per rifornire con convogli l’isola di Malta, nel corso della quale gli aerosiluranti italiani intervennero in forze. Nei giorni 23 e 24 luglio 1941 essi affondarono il cacciatorpediniere Fearless e danneggiarono, l’incrociatore Manchester (con l’S.79 del 130° Gruppo del tenente Aurelio Francesco Di Bella) e il piroscafo Hoegh Hood, mentre il successivo 27 settembre fu affondato il piroscafo Imperial Star e danneggiata la corazzata Nelson, la nave comando del vice ammiraglio Somerville, colpita dal siluro sganciato dall’S.84 del comandante del 36° Stormo Aerosiluranti, colonnello Helmut Seidl, che subito dopo il lancio fu abbattuto in fase di scampo perdendo la vita con tutto il suo equipaggio. [30] Historical Section Admiralty, Mediterranean, volume II, cit., p. 197. [31] Donald Macintyre, La Battaglia del Mediterraneo, Sansoni, Firenze, 1965, p. 146. Edited June 27, 2017 by Francesco Mattesini Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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