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Avventuroso viaggio del piroscafo PERSIA da La Spezia a Vladivostok


Danilo Pellegrini
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Per non accavallare gli argomenti, OT rispetto al tema iniziale, proseguo a parte questo argomento al quale ho fatto cenno nel post http://www.aidmen.it/topic/692-quiz-del-giorno-della-memoria/?p=5199

 

Il piroscafo PERSIA era stato varato nel 1903 per conto del Lloyd Austriaco. Come la gran parte dei mercantili asburgici non impiegati nel conflitto, venne messo in disarmo e internato, alla fonda nel lago di Prokljan, presso Sebenico in Dalmazia, dal 20 novembre 1915 al 6 novembre 1918.

A fine guerra, il 3 gennaio 1919, passò in proprietà del Lloyd Triestino e nello stesso anno venne noleggiato dalle forze interalleate per una missione del tutto particolare. La nave salpò da Trieste con rotta La Spezia, destinata a imbarcare occultamente tredicimila tonnellate di armi da inviare a Vladivostok. Tale fornitura era stata commissionata a sostegno dell’azione militare in corso lungo la Transiberiana e nella stessa Siberia, dove Cechi, Italiani e la Missione internazionale cercavano di respingere i Bolscevichi nel corso della guerra civile, tra il 1918 e il 1919.

Durante la navigazione il piroscafo venne dirottato rocambolescamente verso la città di Fiume da parte del capitano Sulfàro, episodio che riporto a seguire stralciando uno scritto dello storico Luciano Garibaldi. storiainrete.com/wp-content/uploads/2009/01/07-italiani-in-cina.rtf

 

...prima di addentrarci nella lettura della eccezionale testimonianza di Sulfàro sull’Estremo Oriente, raccontiamo come egli divenne famoso, subito dopo la Prima guerra mondiale, per essere stato il protagonista principale dell’ultimo atto di pirateria del Mediterraneo: il sequestro e il dirottamento su Fiume, in soccorso di Gabriele D’Annunzio, del piroscafo Persia carico di armi dirette ai controrivoluzionari russi. Accadde il 4 ottobre 1919 e fu il frutto di un accordo tra il capitano Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Italiana Lavoratori del Mare e, appunto, Antonio Sulfàro, reduce dalla Grande Guerra [cfr. Il piroscafo "Persia" carico d'armi, munizioni e viveri contro il proletariato russo è stato preso e condotto a Fiume dai rappresentanti della Federazione dei lavoratori del mare / per la Federazione dei Lavoratori del mare di G. Giulietti in http://www.europeana1914-1918.eu/it/europeana/record/9200203/BibliographicResource_3000052894045_source#prettyPhoto/0/ ].

Giulietti incaricò il sindacalista Umberto Poggi di affiancare Sulfàro che perseguiva l’obiettivo di giovare alla causa dannunziana, della quale era un ardente sostenitore.

Venuto a conoscenza che la «Gestione Interalleata» (creata da Francia e Gran Bretagna per sostenere l’Armata Bianca del barone Wrangel che combatteva contro l’Armata Rossa di Trotsky) ha noleggiato il piroscafo Persia, di novemila tonnellate, del Lloyd Triestino, per portare armi in Russia attraverso il Mar Nero, Giulietti scatena il sindacato. Il Persia si trova ormeggiato alla banchina dell’Arsenale militare della Spezia, sotto carico. Partono le interrogazioni parlamentari del PSU. Il presidente del Consiglio, Nitti, risponde che il Persia sta caricando «vecchie casseruole e rottami metallici» diretti in Cina. In realtà, le «vecchie casseruole» sono trentamila fucili modello 91, mille moschetti da cavalleria, dieci batterie da montagna con munizioni, migliaia di cartucce. I sindacalisti lo sanno benissimo e perciò decidono di boicottare l’operazione. Piuttosto che ai «bianchi», quelle armi finiranno a D’Annunzio che, non per nulla, è in rotta con il governo. Ma ci vuole un capitano coi fiocchi, e la scelta cade sul comandante Antonio Sulfàro, che non si tira indietro. Lui non è certo un socialista e non sta dalla parte di Trotsky, ma D’Annunzio viene prima. Proprio in quei giorni il poeta soldato, conquistata Fiume, vi ha eretto la «Reggenza del Carnaro» e sta sfidando, con i suoi legionari, le potenze alleate del Trattato di Versailles, che hanno destinato la città – abitata in maggioranza da italiani - alla Iugoslavia. Sulfàro e Poggi ingaggiano il radiotelegrafista Vincenzo Tatozzi, un gigante sempre pronto alle avventure, anch’egli ammiratore del Comandante. Questi i tre uomini che si impadroniranno della nave, che ha un equipaggio di 45 uomini ed è comandata da uno iugoslavo di Lubiana, mentre il primo ufficiale è un noto nazionalista serbo. Il 20 settembre Umberto Poggi, nella sua veste di sindacalista, chiede al Comando Marina di La Spezia di essere autorizzato a ispezionare il Persia per verificare le condizioni di lavoro dei marinai. Il permesso gli viene negato. Poggi insiste, lasciando intendere che è sua intenzione (e quella del capitano Giulietti) invitare l’equipaggio a non ostacolare la missione della nave (in pratica, mentendo, fa capire che il sindacato sta dalla parte del governo). Ottiene così il permesso di salire a bordo, ma soltanto durante la sosta a Messina. Il terzetto salta su un treno e va in Sicilia in attesa della nave. Qui, finalmente, Poggi può incontrare i marinai. Tra questi vi sono alcuni elementi fortemente sindacalizzati, che Poggi informa della decisione di dirottare la nave. Con essi concorda il piano per salire a bordo clandestinamente. Nella notte sul primo ottobre, i tre assalitori salgono rapidi lungo la biscaglina che i marinai complici hanno gettato da bordo. Dopo alcune riunioni nelle stive, si raggiunge un accordo unanime coll’ equipaggio. All’alba la nave salpa. Destinazione Porto Said, da dove si proseguirà per il Mar Nero. A mezzogiorno in punto del 2 ottobre, le due sale da pranzo, nelle quali mangiano il comandante, gli ufficiali, i due regi commissari e i funzionari anglo-francesi, vengono chiuse a chiave dai camerieri. Nello stesso istante, Sulfàro, pistola in pugno, sale sul ponte di comando e ne prende possesso di fronte allo sbalordito ufficiale di rotta. Poggi spara un colpo in aria, poi irrompe nelle sale da pranzo e annuncia: «Sono dolente di dovervi informare che vi consideriamo nostri prigionieri e che il capitano Sulfàro assume, da questo momento, il comando della nave». Realizzato che praticamente tutto l’equipaggio sta dalla parte dei pirati, agli ufficiali del Persia non resta che ubbidire. Il 4 ottobre il Persia è all'imboccatura del Quarnaro. C'è il blocco, ma Sulfàro lo infrange e punta su Fiume. Poco dopo è raggiunto da un cacciatorpediniere inglese. Da bordo, segnali con le bandierine e i riflettori: «Fermatevi! Tornate immediatamente indietro!». Ma Sulfàro ordina: «Avanti a tutta forza!». Allora si vede il caccia puntare sul Persia con i motori al massimo di giri. Rotta di collisione. A bordo del Persia si trattiene il fiato. Ora anche i cannoni del caccia sono puntati. Sembra che il comandante inglese abbia deciso di speronare la nave italiana, non di affondarla a cannonate. Pazzo, che fa? «Ci è addosso!». Tutti si reggono a qualche sostegno, chiudono gli occhi, irrigidiscono i muscoli. Ma proprio all'ultimo istante, quando ormai la prora del caccia è a pochi metri dalla fiancata mancina del Persia, un breve, rapido scarto a dritta della nave da guerra evita la collisione per un pelo. L'inglese non se l'è sentita di affrontare la tragedia. Il buon senso, all'ultimo istante, ha prevalso. O forse tutto era stato calcolato per mettere paura agli ammutinati. Ma i pirati hanno fegato e, poco dopo, il Persia entra nel porto di Fiume issando il gran pavese. I moli, come d'incanto, si riempiono di legionari acclamanti. Da bordo, il radiotelegrafista Tatozzi ha informato gli uomini del Comandante, comunicando loro l'enorme quantitativo di armi in arrivo. Gabriele D'Annunzio scende di corsa i gradini del palazzo della Reggenza e getta le braccia al collo di Sulfàro: «E' Dio che vi manda!». E si commuove fino alle lacrime...

 

Dopodiché il piroscafo Persia poté ripartire per Shanghai, dove proseguì per Vladivostok. Rientrò dalla Siberia, arrivando a Trieste il 9 aprile 1920; a bordo si trovavano anche 55 ex militari a.u., già prigionieri dei russi, che avevano optato per la nazionalità italiana.

Mi scuso se tiro in ballo questioni personali, ma non posso fare altro, per presentare queste due foto del tutto particolari tratte dall'archivio di famiglia. Sono datate estate 1919, non è specificato il mese. Il bacino è quello del cantiere San Rocco di Muggia; mio nonno ne era allora il direttore del reparto costruzioni. Il piroscafo salperà da La Spezia il 29 Settembre 1919; con certezza quel carenaggio venne effettuato prima della lunga navigazione, che lo condusse inaspettatamente in estremo oriente, probabilmente a completamento delle visite di prima riclassifica, iniziate a gennaio 1919, a seguito della dismissione di bandiera.

La bambina è mia madre, all'età di tre anni, oggi validissima centenaria, con mia nonna e la zia; alle spalle una delle poche immagini della PERSIA che terminerà la sua non lunga carriera nel 1926 a seguito di perdita totale, causa incendio, a Bombay, dove verrà demolita.

 

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Edited by Danilo Pellegrini
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Bella domanda alla quale, per ora, non sono in grado di risponderle con fondamento.

Con ragionevole certezza si può affermare che il proseguo della missione sia stato effettuato sotto il controllo e la direzione dello Stato italiano; non sono però al corrente se parte dell'armamento o quantomeno delle vettovaglie fosse rimasta a bordo...

La questione dovrebbe essere stata trattata da Fiorella Malfer nel suo recentissimo libro al quale ho fatto riferimento in

http://www.aidmen.it/topic/692-quiz-del-giorno-della-memoria/?p=5207

Vista l'efficienza di Poste Italiane, sono stati smarriti il plico contenente ben 3 Bollettini AIDMEN nonchè il testo di Zvonimir Freivogel “Adriatic Naval War 1940-1945”, preferisco ritirarlo in occasione della sua presentazione a Rovereto il giorno 11 di questo mese; nel frattempo mi farò carico di porre il quesito all'Autrice, l'amica Fiorella e riferirò quanto prima.

Vorrei però rimarcare che la versione che ho qui riportata di Luciano Garibaldi, più di taglio giornalistico, mi appare alquanto romanzata.

Circa l'implicazione del capitano Giulietti nell'impresa di Fiume, in altri spregiudicati sequestri e il suo coinvolgimento nella politica di quel tempo, è rilevante quanto riportato dallo storico prof. Andrea Montemaggi in questo pdf liberamente scaricabile, da dove, tra l'altro, si evince che le armi del piroscafo PERSIA avrebbero potuto essere impiegate per una marcia su Roma ante litteram, ideata dal Giulietti con il beneplacito del Vate. http://storiaefuturo.eu/giuseppe-giulietti-e-limpresa-di-fiume/ Ottimi i riferimenti bibliografici.

Nel succitato testo viene altresì contraddetta la versione del Garibaldi circa la destinazione del piroscafo in Mar Nero, anziché a Vladivostok, cosa a me ignota e che mi aveva non poco sorpreso.

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...in effetti credo anch'io che l'Italia non abbia inviato navi fino in Estremo Oriente solo per riportare ex prigionieri.
Tuttavia il NIPPON (partito nel 1919, giunto a Trieste nel 1920) fu inviato proprio per riportare in Italia i soldati italiani (chiarisco meglio: non trentini, triestini, friulani, istriani ecc). Questi soldati italiani guidati da Fassini Camossi furono inviati, con la nave ROMA, da Taranto giungendo a Vladivostok nell'agosto 1918 per formare il Corpo di Spedizione di Estremo Oriente; ad essi poi a Tientsin furono agglomerati i Battaglioni neri formati da ex prigionieri.
La scusa ufficiale per l'invio del contingente italiano (e non solo) nel 1918 fu l'intervento in aiuto in Russia agli ex prigionieri Cecoslovacchi che combattevano lungo la Transiberiana. I Cechi combattevano anche con l'Esercito in Italia.  Sottintesa, non esplicita, a livello mondiale, fu ovviamente la lotta al bolscevismo. Questo si evince dai documenti.
Quindi la nave ROMA fu inviata carica di militari (molti del 1899) armi, divise e persino muli.
Riportò sempre nel 1918 molti ex prigionieri (gli unici di cui non ho rintracciato la lista).
Il piroscafo NPPON riportò in Italia il CSIEO + gli ex prigionieri arruolati nei Battaglioni neri, a tutti gli effetti ormai considerati soldati italiani.
Il PERSIA ci lascerà l'incognita di sapere se le armi a bordo furono lasciate o meno, in parte o meno, a D'Annunzio.

Questa è il parere dell'Autrice; personalmente, non escluderei e a pensar male spesso si indovina, che il dirottamento orchestrato dal capitano Giulietti, di personalità non del tutto adamantina, sia fumo negli occhi per chi si opponeva alla spedizione e che in realtà vi sia stato un accordo con D'Annunzio per sbarcare solo una parte delle armi. In fin dei conti, con 13000 tonnellate a disposizione ce n'era per tutti...

Un po' come la vicenda delle 8000 tonnellate di grano !!!  http://storiaefuturo...presa-di-fiume/ 

Edited by Danilo Pellegrini
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  • 1 year later...
  • 2 years later...

Sono Andrea Montemaggi e vedo ora questo forum. Pur apprezzando l'articolo di Luciano Garibaldi, credo opportuna qualche precisazione. La destinazione era effettivamente Vladivostock e ritengo Mar Nero un lapsus calami al posto del corretto Mar Rosso, in quanto la nave vi giungeva dopo essere arrivata a Porto Said.

A Fiume, per il momento solo occupata da D'Annunzio non era ancora stata istituita la Reggenza italiana del Carnaro, fatto avvenuto circa un anno dopo.

La ricostruzione di Garibaldi (di cui però non conosco la fonte o i riferimenti bibliografici e purtroppo i link citati non sono più attivi) si basa su, mi pare di capire, elementi provenienti dal capitano Sulfaro, mentre c'è un'altra versione dei fatti fornita da Italo Sulliotti dove il ruolo principale (e parte delle azioni di Sulfaro) è attribuito a Poggi. E' probabile quindi che ciascun protagonista dell'atto di pirateria volesse assumere un rilievo maggiore.

Il dirottamento del "Persia" non è l'ultimo avvenuto, bensì il primo di una serie a favore di D'Annunzio; particolarmente importante fu l'azione di "piratamento" circa un anno dopo con il piroscafo "Cogne" che fu questo molto probabilmente l'ultimo eseguito.

Le armi furono inizialmente tenute da D'Annunzio in quanto Pietro Badoglio, che comandava le forze italiane attorno a Fiume ava proposto un scambio con carbone e altra merce scarseggiante a Fiume, ma D'Annunzio aveva risposto "Teniamo la nave e teniamo le armi". E' possibile che successivamente si sia addivenuto ad un accordo, ma è certo che i legionari fiumani utilizzarono almeno in parte queste armi e con esse il poeta volesse suscitare instabilità nel neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Il carico del "Persia" gli diede infatti adito a idee più ampie rispetto alla mera acquisizione del territorio fiumano da parte dell'Italia. 

 

 

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  • 2 years later...

Non si se la nave Persia portasse delle armi a sostegno della azione militare contro i Bolscevichi. Certo è che la Persia arrivò a Vladivostok e da quel porto ripartì raggiungendo Trieste nell'aprile del 1920.

A bordo della nave tra i passeggeri vi era un piccolo gruppo di giovani di nazionalità russa risiedevano a Harbin e che raggiunsero Vladivostok dove si imbarcarono sulla Persia. La loro meta era l'Università di Vienna, all'epoca la sede accademica più prestigiosa, e vi arrivarono dopo essere sbarcati a Trieste.

Sono sicuro di questo perché nel gruppo di giovani vi erano mia madre e mio padre. All'epoca mia madre e mio padre avevano rispettivamente 17 e 18 anni, ciò che  conferma che il viaggio si svolse nel 1920. Mi hanno raccontato quella avventura citando la nave Persia, e conservo molte fotografie scattate nelle varie parti del mondo toccate durante il viaggio.

Qualche anno più tardi lasciarono Vienna e si trasferirono a Torino dove continuarono e completarono gli studi universitari. Non conosco il motivo di questo trasferimento, ma sospetto che fosse legato a problemi economici, presumibilmente perché danaro da casa non arrivava più, mentre il costo della vita in Italia e la frequenza universitaria erano meno dispendiose che a Vienna.

Ugo Filippo Tesler

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