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Platon e Jean-Pierre

 

Per l’ARGONAUTA ho portato le varie versione di Bertini e Capone, per avere un quadro di opinioni, che si basano sulle informazioni richieste all’Ammiragliato Britannico. Anche nel libro dell’USMM “Navi Militari perdute”, 5^ Edizione, è scritto (p. 47):

 

”… è emerso che assai probabilmente il Smg ARGONAUTA incappò il mattino del 29 giugno 1940, nel punto sopraindicato, in una formazione di Ct inglesi di cui facevano parte i Ct DAINTY,  DEFENDER, DECOY, VOYAGER e ILEX che lo sottoposero a violento bombardamento determinandone l’affondamento”, in lat. 35°24’N,  long. 20°10’E. Poco dopo, quasi nella stessa zona, i Ct affondarono anche il sommergibile UEBI SCEBELI.

 

Nel libro della Sezione Storica dell’Ammiragliato “Enemy Attack on Shipping 1939-45” (pag. 279), la versione dell’affondamento dell’ARGONAUTA, su cui mi sono fidato per fare il mio saggio sul Bolletiino, è la seguente: “28 June, ARGONAUTA, Air Patrol, Aircraft 230 Squadron, R.A.F., Sunderland, 35°24’N, 19°00’N, Central Mediterraneon”. Lo stesso riporta Hermom Gill in “Royal Australian Navy 1939-1942”, pag. 168; e J.Rohwer e G. Hummelchen, “Cronology of the War at Sea”, pag. 40.

 

Personalmente credo anch’io al successo sull’ARGONAUTA da attribuire al Sunderland in lat. 35°24’N, long. 19°00’E, ma c’è tanta confusione che posso anche sbagliarmi, e siano stati i cacciatorpediniere della 2^ Flottiglia, in lat. 35°16’N, long. 20°20’E, posizioni comunque lontane da Ras el Hilal, dove sta il relitto dei un sommergibile. Non credo all’incidente, dato che di notte dopo la partenza da Tobruk, l’ARGONAUTA doveva navigare in superficie sulla rotta costiera fino a Ras el Hilal. Al limite si fermava, ma non certamente in immersione. 

 

Inoltre vicino a Capo Ras el Hilal non significa che al momento dell’attacco dell’aereo si trovasse nel Golfo di Ras el Hilal. Non mi fido di ricostruzioni fatte ad arte in qualche recente libro, consultando qualcuno che, probabilmente, dato il tempo trascorso, ricorda male. Come la storia di un superstite che non è stata mai provata.

 

Per l’URGE rimango della mia opinione, e nessuno può smontarla, a meno che si dimostri che l’attacco al SAN GIUSTO, in emersione con il cannone, e l’attacco degli aerei è stato portato contro un altro sommergibile britannico, e non credo che ci sia.

 

Sappiamo di navi che sebbene non siano state colpite in pieno dalle bombe si sono perdute per i danni riportati nelle concussioni delle esplosioni, e un’avaria al timone o alle macchine in immersione è fatale.

 

Il fatto è che per le missioni del m/v SAN GIUSTO non c’è nulla nelle Cartelle dell’Archivio US. è normale trattandosi di piccole unità dimenticate. Fa testo comunque il DIARIO DI SUPERMARINA che parla di attacco al SAN GIUSTO con il cannone.

Sull’U 205 sono perfettamente in linea con Jean-Pierre e credo anche Platon, essendo lui che ci ha dato la versione del rimorchio in quella zona da parte della corvetta GLOXINIA.

 

Resta sempre il mistero del relitto del 3° Sommergibile, se si esclude, come sembra probabile, l’ARGONAUTA. Comunque soltanto conoscendo le coordinate del relitto, cosa molto delicata per Jean-Pierre, potremmo arrivare a una conclusione, altrimenti restano soltanto discussioni.

 

Francesco Mattesini

Edited by Corto Maltese
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Non né ho assolutamente idea di tecnici della Marina che si occupano di tracciati.

 

Comunque, secondo il mio modesto parere, da quello che si vede nei tracciati di Jean-Pierre mi sembra checorrispondano  le sagome dell'U 205 e dell'URGE, mentre invece é molto confusa e direi incomprensibile l'immegine che viene attribuita all'ARGONAUTA.

 

Potrebbe essere anche di un'altra nave di piccolo tonnellaggio, ma consultando l'elenco delle perdite italiane dai libri dell'Ufficio Storico MM "Navi militari perdure e  "Navi mercantili perdute" non né ho trovata una nella zona di Ras el Hilal; evidentemente un ancoraggio di poco conto, anche se c'é una foto con due sommergfibili da trasporto, evidentemente usati per lo scarico di materiali in costa..

 

Il relitto potrebbe essere un natante tedesco oppure britannico!

 

Francesco Mattesini

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Riposto qui i messaggi di Jean-Pierre Misson:

 
 
HMS URGE Folding Mast/Antenna
 
For information only.
 
In earlier mails and handwritten notes added to the sonar snapshot of HMS Urge
I mentioned a Boom/Brace/Stay/Strut for the solid BAR shown on the sideview 
picture of HMS Urge , between the top of the Conning Tower and the rear Deck .
 
This bar appears on the sonar snapshot as a solid line behind the C.T. and in line
with the axis of the vessel.
 
In fact (courtesy P.Hulme in N.Z.) this "bar" is the FOLDING Mast and Antenna for the
Wireless radio Transmission Equipment on board "some" U Class (among few others : 
HMS URGE , see Pic.).
 
THIS IS THE UNDISPUTABLE EVIDENCE THAT THE WRECK IS THAT OF HMS URGE.
 
Pic.#1 : Class U  HMS UMPIRE with W/T Mast erected
              The Mast (when not in use) is pivoted down , backwards , to a catch on the Deck.
Pic.#2 : Class U HMS USURPER : Different type of W/T Aerial : ....No Foldable Mast.
Pic.#3 : Class U HMS URGE : with W/T Mast  folded down to Deck.
              This is how we see the Mast on the sonar pictures attached .
 
Additional note relative to sonar Snapshot #1 : The entire fore end of the submarine seems
to have been blown off , foreward ...strictly in the axis of the structure...
......as if the torpedoes had been triggered with the T.T. flaps , "unopened"....

 

 

HMS URGE #1.jpg

HMS URGE #2 Details.jpg

HMS URGE Correlation.jpg

HMS URGE GUN & PERISCOPE.jpg

HMS URGE Pic..jpg

HMS USURPER.jpg

MAST ERECTED.jpg

Edited by Long John Silver
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Da Jean-Pierre Misson:

For information only.
 
DESTINED TO A SUBMARINERS ASSOCIATION , UK

The story is rather long (on how I got to Marsa el Hilal , Libya) and why I made
a sonar search . I will certainly tell you the full story later : I am about to leave
for Tunisia where I will stay until October and there are many things to be done 
yet , now !
 
I am certain this is the wreck of HMS URGE but very few people (who do not 
necesarily have experience of sonar reading) rightly (?) question the evidence...
All what I need is an analysis of the picture to confirm this is a U class submarine.
I am willing to provide additional notes and technical details.
Unfortunately (this was my very first "sortie" with the sidescan sonar) the GPS
was not properly connected and did not enter its data into the recording ! 
So , I can only give a  P.A.  but that should be ample for the time being as in any
case Libya is totally out of bounds right now and for quite a while....
 
The evidence for this being the wreck of HMS URGE is :
 
The snapshot (2012) shows a submarine.
The place is Marsa el Hilal / Ras el Hilal , Libya.
The sub shows a bulge in the hull (little shadow) at Hydroplane level (british design).
The sub shows a gun and a gun Platform (little shadow).
The sub shows the short Rear Deck of a U Class (not over the entire length of the sub).
The sub shows the kind of Boom/Stay/Strut that went from top of C.T. to rear Deck.
         Although this feature is not found on all U Class units , HMS URGE had it (pic).
 
Note that the bows have been blown off by the italian attack from the air.
The italian airforce has always claimed this attack with seven FIAT CR 42 planes.
The date HMS URGE was sunk in Marsa el Hilal is  :  APRIL  29 , 1942
 
 

 

 

HMS URGE #1 (1).jpg

HMS URGE Brace.jpg

HMS URGE Correlation (1).jpg

HMS URGE Details,Gun.jpg

HMS URGE Pic. (1).jpg

HMS URGE The Bulge.jpg

Edited by Long John Silver
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Da Jean-Pierre Misson:
 
 
 
For information only.
 
Dalle foto , sembra che per il tubo di scarico dei motori diesel di questa serie ci sia stato 
un'apertura circolare nel outer hull (grazie per la parola in italiano) su ogni lato anteriore.
Pero , sulla foto sonar se ne vedono DUE , ben posizionati un poco sopra all' allineamento dei
fori più piccoli  (di drenaggio) . 
Dei fori di drenaggio : se ne vedono tre subito a sinistra dei fori scappamento motori.
Sulla foto del Fisalia si osserva che il foro scappamento diesel sembra più OVALE che Rotondo.
Io interpreterei questi due fori sull' Argonauta come una modifica ulteriore al varo.
Non sarebbe la prima volta che delle modifiche sono fatte sù un sommergibile , vero  ?
Una foto ravvicinata , laterale , della poppa  del  Argonauta sarebbe utile.
Pero non cambia niente  :
Questo relitto rimane quello del  Argonauta 2° perchè i suoi fori di drenaggio sono circolari.
Paragone con gli altri due sommergibile vicini : HMS URGE   e  U-205 :
I fori di drenaggio U class inglese  : oblunghi e hull molto diverso (due piani)
I fori di drenaggio U boat tedesco : rettangolari  e anche : timone doppio (ogni timone molto
più piccolo del timone unico dell'Argonauta).
 
Comments are welcome

 

 

ARGONAUTA Large Exhaust Holes.jpg

ARGONAUTA Rudder and Diesel Exhaust.jpg

ARGONAUTA Sister.jpg

ARGONAUTA Study #1.jpg

ARGONAUTA Study #2.jpg

Edited by Long John Silver
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Secondo un documento dell'Ufficio Storico MM, trasmessoi alla Historical Section Admiralty, la rotta che il sommergibile ARGONAUTA doveva percorrere era:

 

partenza da Tobruk il 27 giugno 40 - rotte costiere  Tobruk - Ras el Tin - Ras Hilal - e rotta a mare largo Ras Hilal - Capo Colonne per rientrare a Taranto.

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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Dear Francesco,

 

I have not seen any entry in the Admiralty war diaries regarding specifically Argonauta sunk. Perhaps you are citing a book?

Was Argonauta sunk on 29.06.1940 by Cdr Thomas group? It is possible but I have my doubts.

On that day and in that area we know for sure that three Italian submarines were hunted and depth charged by Cdr Thomas' group (HMS Dainty, Ilex, Decoy, Defender and HMAS Voyager) : Tarantini, Salpa and Uebi Scebeli within a few miles from each other. We know that Uebi Scebili was sunk but the other two escaped. It was not a coincidence, these three had sailed on 27 June from Taranto, Salpa and Uebi Scebeli together for a patrol line between Crete and Derna, Tarantini a few hours later for a patrol off Haifa. 

It is difficult to assess which of Tarantini or Salpa was hunted at a specific time as the patrol reports do not mention very accurate times for each depth charge attack.

To believe that Argonauta was a fourth submarine at this time, would be in a greater coincidence as she was coming from Tobruk  and meant she was very unlucky to have been there at that time. I do not say that it was impossible but very doubtful.

The only attack which the claim on Argonauta is based upon is a specific attack by HMS Dainty at 0615/29 (this was before the sinking of Uebi Scebeli) and this was probably Tarantini which reported 34 depth charges (probably also counting depth charges directed at Uebi Scebeli). Salpa also reported similarly closely depth charged at about the same time Uebi Scebeli was being sunk. Dainty did not recover any debris or oil, only bubble of waters were observed (a common occurence after a depth charge attack!).

How was Argonauta lost? I regret that I have no absolute solution to provide. Perhaps a drifting mine? Perhaps an accident? I think one will find that this is not the only case which is in doubt. There was a hurry to assess each submarine loss perhaps to bring some conclusion to the families. Finally postwar claims by the British Admiralty are not always accurate, there were not immune from making mistakes in their assessments. Note that the British initial claim was that they had sunk Salpa (because Uebi Scebeli's survivors had reported that she was in company). Later for some unknown reason they claimed that they had actually sunk Uarsciek, this was also wrong. Unfortunately the water is too deep for underwater exploration (except by very sophisticated means) so we cannot have a definite answer to our queries.

 

Best wishes,

 

Platon

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Riporto nuovamente, per una migliore comprensione di chi ci legge, una parte di quanto ho scritto nel Bollettino dell’Ufficio Storico della Marina Militare di marzo e giugno 2008, circa gli attacchi degli idrovolanti Sunderland ai sommergibili italiani, con le variazioni di Platon Alexiades.

 

Faccio presente che i miei dati provengono dalle relazioni della Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico trasmesse all’Ufficio Storico della Marina Militare, a cui ho dato piena fiducia.

 

 

Dal capitolo: Gli attacchi degli idrovolanti Sunderland ai sommergibili italiani nel Mare Ionio, e l'affondamento dell'ARGONAUTA e del RUBINO

 

 

........ OMISSIS ..........

 

 

Il primo attacco britannico fu realizzato, alle 14.00 circa del 28 giugno, dal Sunderland L 5803 del 230° Squadron. Il suo obiettivo fu costituito dall’Anfitride, che navigava in superficie per prendere posto in un previsto sbarramento di sommergibili da realizzare a sud di Creta. L’attacco dell’idrovolante avvenne in lat. 37°18’N, long. 19°54’E. Avendo riportato a bordo alcune serie avarie, per una salva di bombe sganciate dal velivolo nel momento in cui passava a bassa quota sopra il sommergibile, e cadute nei pressi dello scafo, l’Anfitride fu costretto ad interrompere la missione e rientrare alla base.

 

Variazione di Platon

 

1136/28 in 37°31' N, 19°55' E: Sunderland L.5806 "Q" (Wing Cdr G.E. Nicholetts) which dropped three bombs on the submarine. ANFITRITE was not damaged.

1405/25 in 37°29' N, 19°51' E: as mentioned in my previous email Sunderland L.5804 "S" (Flight Lt. W.W. Campbell) which dropped two 250lb A/S bombs on the submarine causing damage.

You mention that Sunderland L.5803 made the first attack on ANFITRITE at 1400/28. This is an error as Sunderland L.5803 as this attack was by L.5804. L.5803 was on passage from Alexandria to Malta and did not carry out an attack on that day. However this aircraft did report at 1640/28 three Italian destroyers in 36°00' N, 20°26' E [these were ESPERO, OSTRO and ZEFFIRO which were later attacked by British naval forces].

 

Ma non fu quella la sola perdita di sommergibili italiani perché, quello stesso giorno 28, il Sunderland L 5804 del 230° Squadron  sorprese l’Argonauta, che a quota periscopica precedeva per Taranto, proveniente da Tobruch, dove si era fermato in seguito ad avarie al periscopio derivanti da azione di navi nemiche davanti ad Alessandria, per poi partire per l’Italia da quell’ancoraggio della Cirenaica alle ore

21.40 del 27 giugno. Secondo le previsioni, l’Argonauta avrebbe dovuto raggiungere Taranto nella giornata del 30. L’idrovolante individuò il periscopio del sommergibile, e prima che esso si accorgesse della minaccia gli fu sopra e sganciò una salva di quattro bombe da 112 chili, per poi ripetere l’attacco con altrettanti ordigni dello stesso tipo. Al termine dell’azione, a conferma del successo ottenuto, l’equipaggio del velivolo vide venire in superficie una vasta macchia d’olio, larga 300 e lunga 500 piedi, e alcuni rottami.

 

Variazione di Platon

 

Regarding ARGONAUTA: to have been sunk by L.5804 on 28 June means that having sailed from Tobruk at 2140/27 and follow the coastal route as far as Ras Hilal then proceed to Taranto she had travelled over 400 miles in less than 17 hours. We can agree that this was impossible?

 

L’indomani 29 giugno, lo stesso Sunderland L 5804 del 230° Squadron, in missione nello Ionio attaccò col medesimo risultato un altro sommergibile italiano, il Rubino, comandato dal tenente di vascello Luigi Trebbi.

Alle 04.20 del 25 giugno, trovandosi nella zona d’agguato assegnata, prossima ad Alessandria, il Rubino aveva segnalato di essere stato scoperto e sottoposto a intensa caccia con bombe di profondità, riportando avaria allo scarico esterno dei motori. Per questa situazione del sommergibile, e tenendo conto delle condizioni precarie di sicurezza del porto di Tobruch, ben conosciuto dal nemico che vi aveva disposto un attivo servizio di vigilanza, alle ore 21 di quel giorno 25 era stato ordinato al Rubino di lasciare subito la zona d’agguato e di dirigere per Taranto. Per rendergli l’ultimo tratto della navigazione più sicuro, in un momento in cui appariva che il nemico stesse decrittando la trasmissioni dei sommergibili, fu mandata incontro al Rubino la torpediniera Pallade. Ma a quel momento la sorte del sommergibile, che in un’ultima trasmissione delle ore 06.20 del 29 giugno aveva segnalato di raggiungere la base nella tarda serata dello stesso giorno, era già segnata.

Intorno alle ore 13.00 il sommergibile avvistò un aereo, che erroneamente fu ritenuto nazionale, per cui il Rubino continuò la sua navigazioni in superficie. Trascorse circa un’ora quando, trovandosi presso Capo Santa Maria di Leuca., il Rubino fu improvvisamente attaccato dal Sunderland L 5804. Colpito a poppa e sulla falsa torre da due bombe sganciate dal velivolo con passaggio a bassa quota, il sommergibile affondò in pochi istanti, nel punto di  lat. 39°10’N, long. 18°49’E. Si salvarono l’ufficiale in seconda, tenente di vascello Giuseppe Bracco, e altri tre uomini dell’equipaggio, tutti recuperati dall’idrovolante britannico generosamente ammarato dopo l’affondamento del Rubino, nonostante vi fossero nella zona pericolose onde causate dal mare grosso. Inoltre, con questo salvataggio, il Sunderland portò a Malta la prova del suo secondo successo, dal momento che, per l’affondamento dell’Argonauta, alla base di Kalafrana era stato dato scarso credito.

 

La Variazione di Platon è quella dell’attacco al sommergibile Anfitride

 

On 28.06.1940 the attack on ANFITRITE were:

1136/28 in 37°31' N, 19°55' E: Sunderland L.5806 "Q" (Wing Cdr G.E. Nicholetts) which dropped three bombs on the submarine. ANFITRITE was not damaged.

1405/25 in 37°29' N, 19°51' E: as mentioned in my previous email Sunderland L.5804 "S" (Flight Lt. W.W. Campbell) which dropped two 250lb A/S bombs on the submarine causing damage.

 

Ma nel frattempo, dirigendo per rientrare alla base, il Sunderland vide un altro sommergibile, il secondo della giornata e il terzo in due giorni; e poiché non aveva più le bombe, tutte impiegate contro il Rubino, abbassandosi a pochi metri dal mare lo attaccò mitragliandone gli uomini che si trovavano sulla coperta.

Si trattava del Manara, comandato dal capitano di corvetta Salvatore Todaro. Il sommergibile stava rientrando a Taranto da una missione svolta a nord della Cirenaica, nella quale aveva occupato una posizione di agguato situata al centro della congiungente isola Gaudo – Ras el Tin, e a 25 miglia dalla zona assegnata al sommergibile Menotti. Alle ore 17.45 di quel giorno 29, trovandosi in superficie a circa 45 miglia a sud-est di Capo Spartivento, il Manara fu attaccato mitragliato (e bombardato ?) senza successo dal Sunderland. Il sommergibile reagì prontamente con il fuoco delle mitragliere, e il velivolo, visibilmente colpito, sospese l’azione e fu visto allontanarsi perdendo rapidamente quota. In realtà si tratto di un abbaglio.

 

Variazione di Platon

 

Your question on the attack on MANARA: L.5804 did not drop any bombs on this submarine as it had used all of them on RUBINO.

 

Sempre nel corso del giorno 29 giugno gli idrovolanti britannici del 228° e 230° Squadron riuscirono a localizzare ed attaccare altri due sommergibili italiani.

Il Tarantini (tenente di vascello Bruno Ghersina), che al mattino si trovava in superficie per trasferirsi in zona di agguato, fu  attaccato da un Sunderland, le cui bombe, cadute vicino allo scafo, causarono al sommergibile una serie di avarie che lo costrinsero ad interrompere la sua missione, per rientrare a Taranto.

         Il Sirena (tenente di vascello Raul Galletti), che era partito il 25 giugno da Tobruch per trasferirsi a Taranto, ove doveva riparare alcune gravi avarie, trovandosi, alle 06.30, in lat. 37°54’N, long. 18°04’E, e quindi a 70 miglia per 148° da Capo Rizzato, fu attaccato da un Sunderland del 228° Squadron, Il velivolo, avvistato dalle vedette che si trovavano nella torretta ad una distanza di 3.000 metri e ad una quota di 500 metri, stava volando perpendicolarmente rispetto al sommergibile, e a causa di una striscia bianca dipinta sulla fusoliera, simile a quella degli aerei italiani, venne inizialmente ritenuto nazionale. Anche perché, la manovra eseguita dal velivolo era esattamente simile a quella prescritta dalle norme regolamentari delle Regia Marina. Ma poi, quando l’idrovolante fu visto accostare a sinistra, passando a poppa del Sirena e portandosi contro sole, per poi dirigere in decisa picchiata verso il sommergibile, il comandante Galletti finalmente intuì che si trattava di un aereo nemico.

Ritenendo impossibile di potersi disimpegnare con la rapida immersione, mancandone il tempo, prima che il velivolo britannico arrivasse sul Sirena, Galletti ordinò di aprire il fuoco mettendosi lui stesso alla mitragliera prodiera di dritta. Passando da prora a poppa, dopo aver modificato opportunamente la rotta di avvicinamento per l’attacco, il Sunderland  fu accolto dal fuoco del Sirena, che aveva iniziato a sparare con le mitragliere alla distanza di 700 metri. Quindi, passando sopra il sommergibile alla quota di circa 50 metri e facendo fuoco con le proprie mitragliere sugli uomini che si trovavano sulla torretta, l’aereo lasciò cadere quattro bombe che andarono a cadere due a dritta e due a sinistra dello scafo del Sirena. Ma anche il Sunderland apparve visibilmente colpito dalle raffiche delle mitragliatrice del sommergibile, e fu visto allontanarsi perdendo rapidamente quota, tanto che fu annunciato il suo abbattimento. In realtà il velivolo britannico rientrò a Malta senza aver riportato danni.

 

A questo punto, le nostre ricostruzioni degli attacchi degli idrovolanti Sunderland ai sommergibili italiani, confrontate con quelle dei documenti e delle pubblicazioni ufficiali britanniche e italiani, portano a tante ipotesi da rendere la verità su quello che è accaduto di difficile soluzione; anche perché dovremmo sapere quale importanza ebbero negli affondamenti le azioni concomitanti dei cacciatorpediniere della 10a Flottiglia della Mediterranean Fleet.

Riguardo all’Argonauta, non esistendo, nell’attraversare la zona Tobruk Ras el Hilal, sbarramenti minati, non credo assolutamente che si debba dare la colpa della sua perdita a causa accidentale.  

 

Francesco Mattesini

 

 

L’affondamento dei sommergibili italiani Liuzzi e Uebe Scebeli

 

Alle tramonto del 27 giugno, e pertanto alle ore 18.30, trovandosi a 200 miglia ad ovest di Alessandria e a 100 miglia a sud-est di Creta,  il cacciatorpediniere Dainty (capitano di fregata Mervyn. Thomas), che guidava la 10^ Flottiglia Cacciatorpediniere (Forza C), avvistò un sommergibile in superficie, alla distanza di 3 miglia, e subito aumentò la velocità dirigendo per l’attacco. Si trattava del Console Generale Liuzzi, comandato dal capitano di corvetta Lorenzo Bezzi.

         Il Liuzzi, che il 20 giugno si era portato ad operare  nelle acque di Famagosta (Cipro), la sera del 25 aveva ricevuto l’ordine di rientrare a Taranto, da dove era partito il giorno 16. Nella sua navigazione in superficie verso occidente, alle ore 19.30 circa del 27 giugno, il sommergibile individuò una formazione di unità leggere nemiche, che non riuscì ad attaccare per la sfavorevoli condizioni climatiche di avvistamento. Scoperto a sua volta, si disimpegnò in immersione, ma ben presto i cacciatorpediniere britannici Dainty, Decoy, Defender ed Ilex gli furono sopra, e in cinque attacchi, nel corso di una caccia prolungatasi novanta minuti, sottoposero il Liuzzi al lancio di numerose bombe di profondità, che portarono ad una drammatica conclusione.

Nel primo attacco dei cacciatorpediniere il sommergibile ebbe spente tutte le luci tranne quelle nella sala di controllo. Le esplosioni delle bombe frantumarono i manometri di profondità e causarono la rottura delle paratie delle casse della nafta. Il secondo attacco fece ulteriori danni, compreso quello dell'entrata d‘acqua attraverso il doppio compartimento, che determinò la fuoriuscita di gas dalle batterie. Erano avarie preoccupanti. che costrinsero il comandante Bezzi ad ordinare di emergere, per poi inviare gli uomini ai due cannoni da 100 mm. del sommergibile, nell’intenzione di accettare il combattimento.

 Alle 1958, il Dainty e il Defender  (capitano di corvetta St. J.R.J. Tyrwhitt) videro il sommergibile venire alla superficie del mare alla distanza di  2.500 yard, e contro di esso aprirono il fuoco con i cannoni da 120, che il Liuzzi non potè controbattere, a causa delle condizioni del mare agitato che non resero possibile di effettuare un tiro utile. Nello stesso tempo la combinazione dei danni rese immobile il sommergibile, poiché non vi era potenza sufficiente nelle batterie per avviare i motori elettrici o in alternativa quelli a nafta di superficie.

Quando i britannici avvistarono la luce bianca  accendersi sul battello italiano, interpretata come l’atto della resa, il comandante del Dainty ordinò ai cacciatorpediniere di cessare il fuoco contro il sommergibile, i cui ufficiali e alcuni uomini si trovavano in torretta, ed ebbe inizio il salvataggio di tutti coloro che si erano lanciati in acqua, temendo un repentino affondamento e per sfuggire al fuoco nemico. Le imbarcazioni del Dainty e del Voyager furono messe in mare e raggiunsero il sommergibile. Ma, dopo la resa del Liuzzi, occorsero ancora tre quarti d’ora per indurre gli uomini più riluttanti a lasciare il sommergibile, che infine ricevette dal Dainty il colpo di grazia, con le bombe di profondità, fatte esplodere sotto lo scafo. Il Liuzzi  si inabissò poco dopo, in lat. 33°46’N, long. 27°27’E., trasportando nell’abisso il proprio comandante, che volle affondare con la sua nave.

 Il capitano di corvetta Bezzi, infatti, dopo essersi assicurato che il suo equipaggio si era gettato in mare allontanandosi dallo scafo del sommergibile in affondamento, salutò i suoi uomini, discese la scaletta che dalla torretta portava nella camera di manovra, e chiuso sopra di se il portello, condivise la sorte del suo battello. Ricevette, quale riconoscimento per il suo estremo sacrificio, degno delle migliori tradizioni della Regia Marina, una meritatissima Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.  

Tuttavia prima che il sommergibile affondasse il Voyager, che aveva preso a bordo tredici naufraghi, ebbe il tempo di prelevare dal Liuzzi molti documenti segreti, notizia che il caposquadriglia Dainty, trasmise ad Alessandria.

 

 Supermarina arrivò subito a conoscere l’affondamento del Liuzzi. Ciò avvenne intercettando uno scambio di messaggi, soltanto parzialmente decifrati, tra il cacciatorpediniere Dainty e il Comando in Capo della Mediterranean Fleet. Il Dainty il mattino del 29 giugno trasmise un messaggio di 126 gruppi, ma di esso fu decifrato soltanto  “Sommergibile italiano LIUZZI … con … 0915/29/6.”. Il Comando della Mediterranean Fleet rispose ordinando al Dainty e all’Hostile: “Prendete il cacciatorpediniere HOSTILE… dirigete e date caccia al sommergibile avvistato dal cacciatorpediniere DAINTY alle ore 0915 del 29/6 – 1509/29/6”. Quindi con altro messaggio, sempre diretto al Dainty il Comando della Mediterranean Fleet aggiungeva. “Riferimento vostro telegramma 0915 del 29/6 punto Conduttore di flottiglia STUART, cacciatorpediniere….. e cacciatorpediniere HOSTILE partano per posizione 32°…’ Nord …. Est alt”. Da questi scarsamente comprensibili riferimenti Supermarina trasse la conclusione “che siluranti furono mandate a ricercare un sommergibile, segnalato dal DAINTY, in correlazione ad un telegramma nel quale figurava il nome LIUZZI”.  Cfr. AUSMM, Comando Supremo Stato di Stato Maggiore della R. Marina,  lettera per il Duce n 1395/S in data 30 luglio 1940 dall’oggetto “Guerra con i sommergibili – 2° periodo”, Segreteria Generale 1, b. 7.

 

Dopo l’affondamento del Liuzzi, la Forza C si riformo con i suoi cinque cacciatorpediniere in un’unica formazione e continuò il rastrello antisom, passando a nord dello Stretto di Caso, a levante di Creta. Diresse poi per superare lo stretto di Cerigotto, con l’intenzione di proseguire nella rotta per Malta. Nessun altro avvenimento si è verificò fino all’alba del 29 giugno quando, alle ore 05.10. trovandosi avanzato nello Ionio a 130 miglia a sud-ovest di Capo Matapan, e pertanto a quasi 400 miglia a ovest di Alessandria e a 160 miglia dalle coste occidentali di Creta il Voyager (capitano di fregata J.C. Morrow) avvistò in superficie, un sommergibile alla distanza di 9 miglia., e manovrò per portarsi all’attacco. Si trattava del Tarantini (capitano di corvetta Alfredo Iaschi), che si disimpegnò portandosi a quota profonda.

Poco tempo dopo, passando in una zona in cui apparivano in superficie chiazze di nafta, proprio nel posto in cui il sommergibile era stato avvistato, l’Ilex (capitano di corvetta P.L. Saumarez) segnalò un altro sommergibile in superficie per 300°, alla distanza di 6 miglia, e che subito si immerse. Il Dainty, l’Ilex, il Decoy (capitano di freata E.G. McGregor) e Voyager, cominciarono la caccia e, a partire dalle 06,42, lanciarono numerose  bombe di profondità, senza però ottenere nessun ulteriore contatto con l’unità subacquea.

Su questo sommergibile, o presunto tale, la versione dell’Ufficio Storico della Marina Militare e quella della Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico sono discordanti. Gli italiani ritengono trattarsi dell’Argonauta (tenente di vascello Vittorio Cavicchia Scalamonti), che si trovava in rotta di trasferimento da Tobruch a Taranto, e lo danno affondato il 29 giugno con l’intero equipaggio nel corso del violento bombardamento realizzato dai cacciatorpediniere britannici della Forza C. I britannici, come abbiamo visto, ritengono invece che l’Argonauta fosse già stato affondato il precedente giorno 28, dall’idrovolante Sunderland L  5804 del 230° Squadron, a 50 miglia ad ovest dell’Isola Zante. E’ quest’ultima la tesi più convincente.

Nel frattempo, sempre alle 0642 del 29 giugno, l’Ilex avvistò alla superficie del mare, per 330° e alla distanza di 8 miglia, un terzo sommergibile. Era lo Uebi Scebeli che, al comando del tenente di vascello Bruno Zani,  procedeva per raggiungere il punto di agguato assegnato a 35 miglia a nord est da Derna che, nello sbarramento di sommergibili tra Creta e la Cirenaica, era la posizione più meridionale. Lo Uebi Scebeli, che era partito da Taranto intorno alle ore 16.00 del pomeriggio del 27 giugno assieme al Salpa (tenente di vascello Antonio Biondo), con il quale navigava in formazione, con l’ordine di procedere in superficie anche di giorno, aveva a sua volta avvistato i cacciatorpediniere britannici alle ore 07.00 circa.  

Avendo constatato che si trattava di una formazione di cinque unità leggere con beta molto stretto, distanti circa 12.500 metri, inizialmente il comandante Zani si disimpegnò ordinando la rapida immersione e portandosi  a una quota di circa 50 metri. Durante questa manovra, come era stato convenuto, lo Uebi Scebeli accostò di 90° a dritta, per allontanarsi dal Salpa, che a sua volta, secondo quanto concordato in precedenza, accostò di 90° a sinistra. Successivamente, avendo l’idrofonista percepito debole rumore di turbine e di macchine alternative, il comandante Zani decise di ritornare a quota periscopica, e cominciò manovrare per tentare di raggiungere la posizione per effettuare l’attacco, senza riuscirvi, perché i cacciatorpediniere britannici non si fecero sorprendere.

Lo Uebi Scebel fu subito localizzato dal Dainty, dall’Ilex e dal Defender, mentre il Decoy e il Voyager rimasero vicino alla posizione in cui avevano effettuato il loro primo attacco, contro il sommergibile precedentemente avvistato in superficie e che subito dopo si era immerso, facendo perdere le sue tracce.

Lo Uebi Scebeli aveva appena iniziato la manovra per risalire, ma prima di raggiungere la quota periscopica, fu centrato da una salva di sei bombe di profondità, che esplosero con violenza. Erano le ore 07.15 ed erano trascorsi venti minuti dal momento dell’avvistamento del Dainty.

 Come il sommergibile fu scosso violentemente dalle concussioni delle bombe di profondità, il comandante Zani impartì i seguenti ordini: “allaga la rapida, chiudi le porte stagne, macchine al minimo, sfasare il numero dei giri, barra a dritta”.  Ma, per conoscere i successivi dettagli della manovra e le gravi avarie riportate dallo Uebi Scebeli, lasciamo la parola al comandante in seconda, tenente di vascello Giangiacomo Manfredi:

 

         Il smg. cominciò a discendere rapidamente raggiungendo la quota di m. 90. Venne fermato dando aria alla cassa di immersione (doppio fondo uno). In seguito a questa scarica di bombe di profondità si ebbero le seguenti avarie: rottura dei manometri principali e di alcuni manometri delle casse; avaria ai telefoni e ai telegrafi di macchina; spostamento del quadro segnali dalla sua sede; sfasciamento della bussola giroscopica; abbassamento della pressione ai tubi di aria alta pressione. La pressione all’interno del smg. era salita sensibilmente oltre che per le perdite d’aria anche perché l’aria delle casse veniva sfogata all’interno. La manovra con la “rapida” e con l’aria alta pressione, rendeva anche impossibile stabilizzare il smg. ad una quota fissa. Avaria alla trasmissione dei timoni orizzontali; entrata abbondante dfi acqua e nafta in locale motore; rottura di vari globi e lampadine elettriche.

 

Lo Uebi Scebeli in seguito alle esplosioni, che procurarono, tra l’altro, la rottura di lampade e di manometri, guasti alla trasmissione dei timoni orizzontali, avarie ai telefoni e ai trasmettitori d’ordini, ed anche un entrata d’acqua e di nafta nei locali motori termici (causata dalla rottura delle casse nafta n. 5 e servizio n. 6), prese a salire rapidamente. Il comandante Zani, facendo allagare la rapida e poi dando aria al doppio fondo n. 2, riuscì a fermarlo a una quota di 20 metri. Quindi impiegando i timoni ed esaurendo la rapida, dapprima lo stabilizzò e poi lo portò rapidamente in profondità, a 90 metri, e cerco di allontanarsi manovrando in quota.

Ma a questo punto, intorno alle 07.25, quando erano trascorsi pochi minuti dal primo attacco, e il sommergibile cominciava a salire verso i 50 metri di quota, per poi fermarvisi sfogando internamente (e quindi non esternamente per evitare la fuoriuscita di bolle d’aria), una seconda scarica di bombe di profondità, ancora più precisa di quella che l’aveva preceduta, inquadrò lo Uebi Scebeli producendoli danni ancora maggiori, i principali dei quali riguardarono: nuove gravi avarie alle apparecchiature di bordo; la schiodatura dello scafo e in particolare della cassa assetto AV. con perdita d’acqua, che si scaricò nella sentina; il blocco in basso dei timoni orizzontali prodieri; l’entrata d’acqua nella torretta d’attacco e nella camera motori termici e a poppa degli astucci dell’elica; un forte abbassamento di pressione ai gruppi d’aria, causata dalle perdite delle bombole dei doppi fondi; un accentuata perdita di nafta; la rottura di altri manometri e di lampadine elettriche in camera di comando; scardinamento completo della bussola giroscopica.

Il comandante Zani, informato dei danni e avendo constatato che le vie d’acqua non si potevano fermare, avendo già raggiunto il pagliolo nel locale motori termici, ed essendo al corrente che “la riserva d’aria compressa era quasi completamente esaurita”, si rese conto che non vi era più la possibilità di mantenere il sommergibile in immersione. Pertanto, ordinò alla sala macchine di portare lo Uebi Scebeli in superficie. Secondo la relazione dell’Ufficiale in seconda, il sommergibile, in seguito ai danni riportati nella seconda scarica di bombe di profondità, “nella sua rapida discesa, raggiunse circa 130 metri di profondità, li oltrepassò di poco e finalmente si fermò, iniziando poco dopo una rapida salita senza più fermarsi”.

I cacciatorpediniere  Dainty, Ilex e Defender videro emergere lo Uebi Scebeli dopo appena tre minuti dall’inizio del loro attacco, e contro di esso, aprirono immediatamente il fuoco. Un colpo di cannone fu visto raggiungere la torretta del sommergibile, che ormai era condannato. Il proietto raggiunse la falsa torre aprendovi un grosso squarcio, e all’interno dell’unità subacquea fu udita una forte detonazione e si verificò una sensibile scossa. Salito in torretta, il comandante Zani si accorse che in coperta il cannone era abbattuto, probabilmente per essere stato colpito dal fuoco nemico. Inoltre ogni altra possibilità di resistenza al nemico era resa impossibile dal fatto di non poter tentare il lancio di siluri, sia pure a caso, perchè il sommergibile era nel suo interno fortemente allagato. Non restava altro da fare che affrettare l’affondamento del sommergibile e di mettere in salvo l’equipaggio.

Purtroppo, come appurò la Commissione d’Inchiesta Speciale (C.I.S.) della Marina, questa manovra assolutamente necessaria nelle condizioni del sommergibile per mettere in salvo gli uomini dell’equipaggio, fu realizzata con deficienza di spirito d’iniziativa del comandante Zani, ragion per cui l’autoaffondamento dello Uebi Scebeli non si svolse, davanti al nemico, con la necessaria rapidità.

Il fuoco delle armi delle unità britanniche, che ferirono il sottonocchiere Malacarne – raggiunto alla spalla, sul dorso, da una scheggia nel momento in cui usciva dal portello della torretta, che per deformazione si era aperto con difficoltà – cessò quando i cacciatorpediniere si fermarono intorno al sommergibili e cominciarono a mettere in mare le imbarcazioni. A questo punto il comandante Zani, la cui prima preoccupazione era stata quella di mettere in salvo il suo equipaggio, vistosi circondato dai cacciatorpediniere nemici, che si trovavano molto vicini, “ordinò di aprire tutti i portelli, di far salire la gente in coperta, e di gettare gli archivi in mare.

Purtroppo, gettare in mare i documenti dell’archivio segreto non si svolse con la rapidità necessaria. Nella relazione del comandante Zani si legge:

 

In questo momenti i C.T. inglesi si apprestavano a mettere in mare le imbarcazioni, e allora ordino di aprire tutti i portelli, di far salire tutta la gente in coperta e di gettare gli archivi in mare. Dato che non è stato possibile aprire il portello di prora e che il portello di poppa non si è potuto aprire che in un secondo tempo, l’afflusso della gente avveniva attraverso il portello della torretta. Non essendo possibile portare le cassette degli archivi in coperta, l’ufficiale di rotta consegnava al personale che passava, le pubblicazioni che ciascuno gettava in mare in mia presenza non appena raggiungeva la plancia. Notando che qualche pubblicazione ritardava ad affondare e che le imbarcazioni degli inglesi si stavano avvicinando rapidamente al sommergibile, faccio gettare le rimanenti nella cucina di superficie che aveva le porte bloccate e della quale, in seguito, faccio bloccare il portello di entrata dalla plancia.

 

L’ufficiale in seconda, tenente di vascello Giangiacomo Manfredi, che era stato mandato a prora per la manovra dei timoni orizzontali, recatosi in  camera di manovra e venuto a sapere dall’ufficiale di rotta, guardiamarina Antonio Rupil, dell’ordine impartito dal comandante, dopo aver provveduto a disciplinare l’afflusso degli uomini in coperta, che risultò molto lento in quanto soltanto due dei tre portelli si aprirono, cominciò a farvi portare le pubblicazioni segrete. Manfredi si fece aiutare da Rupil e da due marinai, e le pubblicazioni furono poi gettate in mare, sotto il controllo dello stesso comandante Zani, che poi ordinò di accelerare le operazioni per le entrate d’acqua all’interno del sommergibile, “ponendo in comunicazione col mare tutta la tubolatura di assetto e compenso”. In quel momento, riferisce Manfredi,  cinque  cacciatorpediniere  inglesi  si  trovavano “ad una distanza apprezzata di circa150 metri dal smg. Alcune imbarcazioni si avvicinavano rapidamente verso di noi, una era già quasi sotto bordo.

Avendo poi constatato che lo Uebi Scebeli stava lentamente affondando, Zani ordinò a Manfredi “di occuparsi dell’imbarco del nostromo ferito su una lancia inglese, mentre egli, con il Direttore di Macchina, tenente D.M. Giuseppe Uttieri, si apprestò “ad affondare completamente il battello aprendo gli sfoghi d’aria dei doppi fondi 1 e 2”.

 

 

Al rientro della prigionia il tenente di vascello Manfredi riferì alla Commissione d’Inchiesta Speciale (CIS) della Marina: “Con l’aiuto dell’Ufficiale di rotta e del D.M., Tenente D.M. Giuseppe Uttieri, disciplinai l’afflusso della gente in coperta. Quando l’Ufficiale di rotta mi comunicò che il Comandante aveva trasmesso l’ordine di mandare sopra le pubblicazioni segrete, diversi sottufficiali e marinai vennero trattenuti e ad essi vennero consegnate le pubblicazioni che venivano gettate in mare sotto la sorveglianza del Comandante. Cfr. fAUSMM, C.I.S. Relazione sull’affondamento del sommergibile UEBI SCEBELI, del tenente di vascello Giangiacomo Manfredi. Cfr., AUSMM, Relazione della C.I.S. sulla perdita del Smg. UEBI SCEBELI in Mediterraneo il 29 giugno 1040.

 

Ma a questo punto, come risulta dalla sua relazione, il comandante Zani si accorse che alle sue spalle due ufficiali britannici erano saliti sul ponte del sommergibile e, con le pistole in mano, stavano dirigendo per scendere all’interno dello scafo. Allora Zani li seguì per informarli “che il battello stava affondando”. Giunti in camera di manovra e trovandola fortemente allagata fino al pagliolo i due ufficiali britannici, sempre seguiti dal comandante dello Uebi Scebeli, tornarono in coperta, per poi salire con l’ufficiale italiano su una delle imbarcazioni, sulla quale presero posto anche Manfredi, il Direttore di Macchina e l’Ufficiale di rotta. Nel frattempo, tutti gli altri uomini dell’equipaggio dello Uebi Scebeli erano raccolti dalle imbarcazioni dei cacciatorpediniere, che si allontanarono nel momento in cui l’acqua aveva raggiunto il portello di poppa del sommergibile, che stava affondando di poppa L’affondamento, avvenuto in lat. 35° 29' N., 20° 06', fu accelerato il Dainty, che alle 08.20 centrò lo Uebi Scebeli con un colpo di cannone sulla prora.

Nonostante quanto affermato dal comandante Zani al rientro dalla prigionia, è stato accertato, per le stesse ammissioni dei britannici, che i due ufficiali del Dainty che penetrarono all’interno del sommergibile, riuscirono ad asportare alcune carte segrete, compreso un’importante codice. Tra i documenti sottratti vi fu certamente l’ordine di operazione, che indicava le posizioni in cui si trovavano i sommergibili  Salpa e l’Ondina. Ne vedremo più avanti i risvolti che seguirono.

 

Secondo la Relazione C.I.S. sulla perdita dello Uebi Scebeli, e dell’interrogatorio del tenente di vascello Bruno Zani, lo Uebi Scebeli era partito da Taranto il pomeriggio del 27 giugno 1940, insieme con il Salpa, per recarsi in formazione, con navigazione in superficie anche di giorno, nella zona di agguato ubicata a nord-est di Derna. Verso le ore 17.00 del 28 fu avvistato un idrovolante Sunderland che manovrava per attaccare. I due sommergibili lo anticiparono immergendosi tempestivamente (lo Uebi Scebeli si portò alla quota di 60 metri), per poi emergere circa un’ora più tardi, dopo un’accurata esplorazione periscopica, e proseguire la navigazione. Il mattino del 29 giugno, verso le 06.00, trovandosi a metà strada tra Crotone e Bengasi, mentre lo Uebi Scebeli si avvicinava al Salpa per fargli una comunicazione circa il punto in cui i due sommergibili si trovavano sulla rotta, che al comandante Zani risultava spostato di 10 miglia a levante,  fu avvistato di prora, nella foschia bassa all’orizzonte, la sagoma di un cacciatorpediniere, alla distanza di circa 10-12.000 metri. I sommergibili si immersero rapidamente, con lo Uebi Scebeli che, allontanandosi dal Salpa, si portò alla quota di 50 metri, portando le macchine al minimo. Avendo poco dopo udito agli idrofoni deboli rumori di turbina e di macchine alternative (rumore, quest’ultimo, in realtà  prodotto da una pompa alternativa facente parte dell’apparato Asdic del cacciatorpediniere Dainty)  il comandante Zani ordinò quota periscopica, ritenendo che in quella zona stessa transitando un convoglio. Il sommergibile, chiuse le porte stagne ed aumentata la velocità, aveva appena iniziato a risalire, quando fu centrato da una salva di bombe di profondità. A quel momento erano passati soltanto venti minuti dal momento dell’avvistamento del cacciatorpediniere britannico.

 

***

 

Alle 09.25 del 29 giugno, cinque minuti dopo che il Dainty aveva dato il colpo di grazia allo Uebi Scebeli, in seguito all’ordine impartito dall’ammiraglio Cunningham che sospendeva l’operazione M.A. 3 (il passaggio di un convoglio a Malta), i cinque cacciatorpediniere della Forza C diressero per rientrare ad Alessandria. Giunti nel porto la sera di quello stesso giorno 29,  le unità britanniche consegnarono i documenti sottratti allo Uebi Scebeli, e sbarcarono i novantacinque superstiti del medesimo sommergibile e del Liuzzi. Lo studio delle informazioni fornite dalle carte dello Uebi Scebeli, indicarono al Comando della Mediterranean Fleet la presenza di una linea di pattugliamento di sommergibili italiani fra Creta e la costa del Nord Africa.

In seguito a ciò, la sera di quello stesso giorno 29 i cacciatorpediniere Stuart (capitano di fregata M.L. Walzer) e Hostile (capitano di fregata J.P. Wright) partirono a tutta forza da Alessandria per effettuare la ricerca antisom a nord di Derna. Rintracciare delle unità subacquea soltanto in base alla posizione che doveva occupare in un tratto di mare di alcune miglia non era un compito facile. Tuttavia i due cacciatorpediniere ritennero di essere riusciti ad individuare un sommergibile in immersione, e durante la mattinata del 1° luglio effettuarono contro di esso una serie di attacchi con le bombe di profondità, facendo venire alla superficie del mare lo scarico una grande quantità d’aria.

 Questo fatto aggiunto allo stridere dell'eco dell’apparato di rilevamento subacqueo Asdic, rumore ritenuto conseguenza della grande profondità in cui il sommergibile  stava  affondando, furono i presupposti ritenuti validi di un successo certo. Tuttavia, ulteriori analisi non dettero la certezza che il sommergibile fosse stato distrutto. Dopo questa azione, lo Stuart e l’Ostile  rientrarono ad Alessandria nel pomeriggio del 2 luglio.

Vediamo come da parte italiana si svolsero i fatti.

Il sommergibile Ondina, che comandato dal tenente di vascello Vincenzo d’Amato era partito da Taranto il mattino del 27 giugno per raggiungere la posizione che gli era stata assegnata a sud di Creta, ebbe durante il trasferimento una navigazione alquanto movimentata. Già il mattino del 29, trovandosi a 65 miglia circa da Capo Matapan, il sommergibile fu attivamente ricercato da unità nemiche e dovette manovrare in modo evasivo, in una zona che si trovava 54 miglia a ponente da quella fissarta dall’ordine di operazione. La sera del 1° Luglio, all’incirca alle ore 20.00, l’Ondina rilevò agli idrofoni rumori di macchine alternative, e poco dopo avvistò due piroscafi veloci, che non potè attaccare con i siluri per la posizione cinematica sfavorevole. L’Ondina manovrò allora per impegnare il nemico con il cannone. Aprì il fuoco, ma dovette ben presto desistere dal continuarlo a causa del mare che rendeva la punteria instabile, e per l’impossibilità di serrare le distanze con i veloci bersagli.

In definitiva, con il danneggiamento dell’Anfitride e l’affondamento dello Uebi Scebeli, e considerando che l’Ondina non riuscì a raggiungere la posizione assegnata, soltanto il sommergibile Salpa fu in grado di raggiungere il suo posto nella prevista linea di agguato, da costituire tra Creta e la Cirenaica.

Tuttavia anche la permanenza del Salpa in zona di agguato non fu tranquilla. Il sommergibile, che al comando del capitano di corvetta Antonio Biondo era partito da Taranto, nel dirigere verso la zona d’agguato assegnata a nord di Ras el Tin (60 miglia a nord est da Derna), il mattino del 29 giugno avvisto una unità leggera, che lo costrinse a portarsi rapidamente in immersione.

Essendosi in tal modo disimpegnato all’attacco nemico, non ebbe ugualmente vita tranquilla perché durante la stessa giornata del 29 fu sottoposto ad una intensa ricerca da parte dei due cacciatorpediniere britannici, che con lanciò di numerose bombe di profondità procurarono al sommergibile varie avarie a bordo e una sospetta perdita di nafta.  Nondimeno il Salpa restò nella zona assegnata per altri due giorni, prima di decidersi, a causa delle avarie riportate, di raggiungere il più vicino porto Bengasi, ove arrivò  il 3 luglio, restandovi, prima di rientrare a Taranto, per riparazioni che si prolungarono per due settimane.         

A questo punto occorre dire che la versione secondo cui i cacciatorpediniere Stuart e l’Hostile avessero rintracciato, attaccato  Salpa, che era uno dei sommergibili da essi ricercato sulla base dell’ordine di operazione dello Uebi Scebeli, è frutto di un errore o di fantasia. Come abbiamo visto il Salpa aveva in effetti riportato danni per caccia antisommergibile, ma ciò era avvenuto due giorni prima, il 29 giugno. Nel rapporto di missione del Salpa non risulta che esso sia stato sottoposto a caccia, e tanto meno danneggiato, nella giornata del 1° luglio. E’ più probabile che il sommergibile si fosse venuto a trovare, assieme all’Ondina,  nella zona in cui operavano i cinque cacciatorpediniere della Forza C, che in effetti segnalarono di aver attaccato molti più sommergibili dei due (Liuzzi e Uebi Scebeli) che avevano sicuramente affondato.

Sulla cattura dei documenti sullo Uebi Scebeli vi è stata nel corso degli anni una lunga e mai assopita polemica. Nell’immediato dopoguerra la C.I.S. ha trattato l’argomento nel modo di seguito descritto:

 

 “Venuto in superficie, constatate le avarie e notato che i cacciatorpediniere nemici si apprestavano a mettere in mare le imbarcazioni, il comandante del sommergibile, tenente di vascello Zani, ordinò di accelerare l’affondamento del battello e di “gettare gli archivi in mare”.

Le pubblicazioni segrete furono portate in plancia e “mano mano gettate in mare sotto la sorveglianza del comandante”, ma quest’ultimo “notando che qualche pubblicazione ritardava ad affondare e che le imbarcazioni degli inglesi si stavano avvicinando rapidamente al sommergibile, fece gettare le rimanenti pubblicazioni nella cucina di superficie, della quale fece poi bloccare il portello di entrata per impedire che qualche pubblicazione rimanesse a galla dopo l’affondamento del battello”.

Subito dopo aver ordinato di sveltire le operazioni di autoaffondamento il comandante Zani “si accorse che due ufficiali inglesi che erano saliti a bordo dirigevano per scendere nell’interno del sommergibile; li seguì immediatamente e li informò che il battello stava affondando. Gli ufficiali giunti in camera di manovra, avendo visto l’acqua sul pagliolo, risalirono subito in coperta, seguiti dal comandante.

Tutto l’equipaggio frattanto aveva lasciato incolume il sommergibile, compreso l’unico ferito. Qualcuno si è buttato in mare, tutti gli altri avevano preso posto nelle imbarcazioni inglesi. Il comandante, il tenente [cioè il comandante in seconda, tenente di vascello Manfredi], il direttore di macchina e l’ufficiale di rotta si imbarcarono in una lancia con gli ufficiali inglesi”.

 

Questa versione, come giustamente ha commentato Alberto Santoni nel suo dettagliato libro sull’Ultra “Il vero traditore, non regge a un attenta ricostruzione dei fatti, soprattutto se confrontata sulla scorta della documentazione britannica. E’ difficile credere che i documenti gettati in mare, in particolare le pubblicazioni e i codici, fossero stati recuperati in un secondo tempo dai cacciatorpediniere, rintracciandoli alla superficie del mare, dal momento che per agevolarne l’affondamento di norma venivano usati opportuni pesi. Quindi non si può dar credito alla stupefacente dichiarazione del comandante Zani, fatta pervenire alla C.I.S., ossia che una volta gettati in mare, i documenti “ritardassero ad affondare”.

Comunque fosse è  però certo che i britannici, perché lo hanno detto loro stessi, vennero in possesso dell’ordine di operazione dello Uebi Scebeli, dove erano fissate le posizioni degli altri sommergibili che dovevano partecipare allo sbarramento da costituire tra Creta e la Cirenaica, e nella stessa occasione entrarono anche in possesso del ben più importante nuovo libro del codice che doveva entrare in vigore in luglio, completo delle tabelle di sopracifratura. E questo fatto fu considerato dai britannici un loro grosso successo.

Essi hanno riferito che il codice, abbinato alle notizie ricevute attraverso il controllo del traffico radiofonico italiano, rilevato dalle stazioni radiofoniche e di radiorilevamento britanniche, e alla lettura dei segnali di qualità inferiore, permise di leggere importanti messaggi cifrati. E quindi avrebbe permesso all’ammiraglio Cunningham di conoscere chiaramente i dettagli che sarebbero stati usati per gli attacchi alla flotta britannica da parte dei cacciatorpediniere, dei sommergibili e dei velivoli da bombardamento. Ma dal momento che non si faceva riferimento a quanto avrebbero fatto le grosse navi di superficie italiane, dobbiamo supporre che il loro intervento a Punta Stilo abbia costituito per Cunningham una grossa sorpresa, che egli seppe però sfruttare nel modo migliore.

Fortunatamente, i danni causati dalla cattura dei documenti sull’Uebi Scebeli risultarono per gli italiani trascurabili. Supermarina si accorse subito, anche per l’intensificata attività antisom del nemico,  che vi era da preoccuparsi, soprattutto quando venne a conoscenza che, in Mar Rosso, i britannici avevano catturato intatto il sommergibile Galileo Galilei.

  

 Il Galileo Galilei (capitano di corvetta Corrado Nardi), che il 16 giugno 1940 aveva affondato presso il porto di Aden la grossa petroliera norvegese James Stove, di 8.215 t.s.l., essendo stato ricercato da navi ed aerei, fu catturato il 19 giugno dopo un duello d’artiglieria  con il  trawler (peschereccio armato della Royal Navy) Moorstone, che poi lo rimorchiò trionfalmente ad Aden. Il combattimento era stato iniziato, di propria iniziativa, dal comandante Nardi, che impegnando quella piccola nave britannica con i suoi due cannoni, aveva ritenuto di poterne avere facilmente ragione. Dai documenti crittografici e dagli ordini d’operazione trovati a bordo del sommergibile, che nessuno aveva provveduto a distruggere, ai britannici fu possibile rilevare le posizioni in cui operavano il Torricelli e il Galvani, che furono affondati dopo una ricerca in cui furono impegnati navi ed aerei. Della cattura del Galilei,  per anni attribuita, per carità di Patria, allo stordimento e menomazione dell’equipaggio per l’esalazione di gas venefici (cloruro di metile) fuoriusciti per guasto del condizionatore d’aria, la Commissione d’Inchiesta Speciale della Marina (C.I.S.), costituita nell’immediato dopoguerra, ritenne responsabile il giovane guardiamarina Ferruccio Mazzucchi, che dopo il ferimento del comandante e degli altri ufficiali era rimasto a comandare il sommergibile, non procedendo al suo autoaffondamento, come aveva raccomandato il comandante Nardi. Mazzucchi, che nel combattimento si era dimostrato valoroso combattente dirigendo il tiro di uno dei cannoni, si giustificò di non aver affondato il Galilei per salvare i superstiti dell’equipaggio. Egli prego la Moorstone di recuperarli, inviando una imbarcazione, a bordo delle quale vi era una  squadra da preda che, per prima cosa, si impossesso del sommergibile e, purtroppo, di ogni documento che si trovava a bordo. Per saperne di più, cfr Francesco Mattesini, Betasom. La guerra negli Oceani, seconda edizione, USMM, Roma, 2003. p. 217 – 219.

 

La perdita di tanti sommergibili, e il danneggiamento di altri, verificatasi sia in Mediterraneo che in Mar Rosso, non appariva come una coincidenza, ragion per cui quello stesso 29 giugno il nuovo codice fu annullato.

La consapevolezza, grazie alla stampa britannica che pubblicò le fotografie del Galilei ad Aden, indicava che il nemico poteva essersi impossessato dei cifrari del sommergibile, e che avrebbe potuto utilizzarli ai danni della Regia Marina, portò a rimediare a questa probabile eventualità. Ciò avvenne, prendendo provvedimenti immediati, e sostituendo, in pochi giorni, con altre edizioni, i codici in possesso delle navi, con le rispettive tabella di sopracifratura, e i documenti segreti connessi, facendoli subito pervenire “in tutti i teatri di operazione e con tutti i mezzi, anche aerei”.

Nello stesso tempo, il 5 luglio, Supermarina compilò una nuova tebella cifrata per la flotta di superficie, e il 17 luglio vi aggiunse un’altra tabella cifrata sempre per la flotta di superficie. Con queste misure, soltanto a partire dall’autunno del 1940 i britannici riuscirono, grazie alla loro organizzazione criptografica Ultra, ad iniziare a penetrare i codici della Marina italiana, compilati con le macchine cifranti Enigma. Tuttavia, il primo vero successo dell’Ultra si realizzò soltanto alla fine di marzo del 1941, nei giorni che precedettero la battaglia di Capo Matapan.  

Vediamo infine come la Commissione della C.I.S., costituita dagli ammiragli Gino Ducci (Presidente), Vittorio De Pace e Guido Talleri di Sala (Membri) ha giudicato, nelle sue “Considerazioni e Conclusioni”, l’operato del tenente di vascello Zani:

 

- Il T.V. Zani, durante la violenta azione di caccia cui fu sottoposto il smg. da parte di 5 C.T. nemici, manovrò con calma e serenità e fece quanto era possibile per resistere in immersione all’offesa nemica, ma in seguito alle gravi avarie riportate dal battello dopo la seconda scarica di bombe, si trovò nella dura necessità di dover scegliere tra il perdere la propria unità con tutto l’equipaggio o perderla cercando di salvare il personale e decise giustamente per quest’ultima soluzione.

La Commissione pertanto conclude che nessuna responsabilità può essere attribuita al T.V. Zani per la perdita del smg. da lui comandato.

- La Commissione ritiene però che il T.V. Zani sia meritevole di appunto perché, una volta deciso l’abbandono e l’affondamento del smg., non effettuò le relative operazioni con la tempestività e la rapidità richieste dalle circostanze, così che fu possibile alle imbarcazioni dei C.T. nemici di giungere sotto bordo del smg. e trasbordarvi alcuni Ufficiali che si introdussero in camera di manovra sia pure per pochi momenti e mentre il smg. era ormai in fase di affondamento. Nel suo modo di procedere il Comandante fu guidato dalla eccessiva preoccupazione di far trasbordare un militare ferito su una imbarcazione nemica anziché farlo portare a salvamento in altra maniera più spedita.

 

Da parte nostra, occorre dire che quando fu compilata questa relazione, datata 22 dicembre 1945, la C.I.S. non conosceva ancora che da bordo dello Uebi Scebeli erano stati sottratti dal nemico gli importanti documenti. In questo caso, è indubbio che il comportamento del comandante Zani sarebbe stato giudicato in modo molto più severo.

 

***

 

L’affondamento di quattro sommergibili nello spazio di pochi giorni, che si aggiungeva alla perdita, verificatasi nel mese di giugno 1940, di altre sei unità subacquee, quattro delle quali in Mar Rosso e nel Golfo di Aden, ebbe conseguenze significative per la futura strategia di Supermarina e di Maricosom. In particolare, ciò avvenne dal punto di vista dell’attuazione degli schieramenti e del numero dei battelli da impiegarvi, e nelle norme per navigazione in superficie diurna e di sicurezza. Norme che, nel prosieguo della guerra subacquea nel Mediterraneo, non sempre ebbero effetto positivo, perché subentrò nei due alti comandi, impressionati dalle perdite, un senso eccessivo di prudenza operativa, che allontanava le zone di agguato dei sommergibili dalle aree di mare più pericolose, e dai punti focali dove si svolgeva lo scarso traffico commerciale del nemico, ossia nelle zone situate alle due estremità del Mediterraneo.

Rinunciando ad attaccare, tranne in rare occasioni, in quelle zone lontane del Mare nostrum, con il passare dei mesi ogni attività dei sommergibili fu dedicata a rinforzare la sicurezza delle rotte nell’Asse nel bacino centrale, tra le Baleari e Creta. Dal momento che in questa zona centrale del Mediterraneo gli unici complessi navali britannici che vi muovevano erano costituiti da quelli, fortemente scortati, dalle Flotte di Gibilterra e di Alessandria, e che gli unici convogli che vi transitavano erano quelli diretti a Malta, anch’essi fortemente protetti, il compito dei sommergibili rimase difficilissimo, poiché per ogni attacco vi era da mettere sul conto le perdite riscontrabili nel dover affrontare la potente reazione del nemico.

L’affondamento di 10 sommergibili italiani nei primi 20 giorni di guerra determinò gravi preoccupazioni in Supermarina. Considerando che nei primi venti giorni di luglio erano stati impiegati nelle operazioni in Mediterraneo ben 97 sommergibili, che nel corso di 105 missioni effettuarono 21 attacchi a navi da guerra e mercantili nemiche, peraltro con risultati modesti quantificati dall’affondamento dell’incrociatore britannico Calypso, ad opera del Bagnolini (capitano di corvetta Franco Tosoni Pittoni) e di due navi mercantili (una petroliera e di un piroscafo), il tutto per 14.730 tonn, portò Supermarina alla decisione di ridurre il numero dei sommergibili in agguato, che fu portato ad una media di una ventina di unità. Le perdite in tal modo diminuirono ma nello stesso tempo i risultati continuarono ad essere modesti, dal momento che nel successivo mese di luglio in cui furono impiegati 59 sommergibili, che conseguirono 72 missioni, gli affondamenti furono limitati al cacciatorpediniere britannico Escort, ad opera del Marconi (capitano di corvetta Giulio Chialamberto), e a tre piroscafi  per 6.491 tonn.

 

Per saperne di più, sui successi dei sommergibili italiani, vedi le statistiche di Francesco Mattesini in La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945) p. 595 – 616, e in Betasom. La guerra negli Oceani (1940 – 1943), 2a Edizione, Roma, 2003, p. 667 – 698. La terza edizione, molto ampliata e particolarmente aggiornata, é in attesa di stampa, per ora resa precaria per l’insufficiente bilancio assegnato all’Ufficio Storico. Pensate che nell’ambito dell’Ufficio Storico, per assurdo, non hanno disponibili, per chi ne fa richiesta, copie della 1a e della 2a Edizione.

 

I risultati sarebbero stati ancora più scadenti nel corso dei mesi successivi, a conferma che l’Arma subacquea italiana, per il cui sviluppo si era data la precedenza al numero dei battelli da costruire più che a curarne l’efficienza operativa e a dotarli di una strumentazione adeguata, come l’ecogoniometro, le centraline di lancio per i siluri, gli acciarini magnetici per i siluri stessi, ecc Quindi la flotta subacquea  possedeva lacune in ogni campo, soprattutto riguardo al materiale e in quello dell’addestramento del personale; lacune che negli anni seguenti, anche per l’aiuto tedesco che forni alla Regia Marina gli ecogoniometri e i siluri elettrici, fu possibile migliorare soltanto in minima parte, senza però raggiungere, nel campo degli affondamenti di navi nemiche, i risultati desiderati.

 Paradossalmente i modesti risultati conseguiti nei sette mesi di guerra del 1940, a cui si aggiungevano perdite elevate di sommergibili,furono comparativamente, per numero annuo di affondamenti, migliori di quelli conseguiti negli anni 1941, 1942 e, soprattutto, nel 1943, quando i nuovi sommergibile classe “Acciaio” e classe “Flutto”, che venivano impiegati da Supermarina con sempre maggiore prudenza, non realizzarono quei successi che da loro si attendevano.

Nel volume “La partecipazione tedesca alla guerra nel Mediterraneo 81940-1945), riguardo agli scarsi risultati conseguiti nel Mediterraneo dai sommergibili italiani, noi abbiamo fatto una breve severa e significativa analisi, che riportiamo di seguito:

 

La scarsità di successi dei sommergibili della Regia Marina durante il primo periodo della guerra era stata imputata alla mancanza di un consistente traffico avversario nel Mediterraneo. Ma quando a partire dal novembre 1942 i sommergibili italiani, numericamente assai superiori a quelli tedeschi, ebbero larghe possibilità d’azione, essi non riuscirono neanche lontanamente ad uguagliare i successi degli U-boote nel Mediterraneo, perdendo anzi proporzionalmente di efficacia”.

 

Le cause di questi insuccessi sono note, e non è necessario spiegarle in questa sede. Occorre però dire che i modesti risultati conseguiti dai sommergibili italiani nel “Mare nostrum”, tra il 10 giugno 1940 e l’8 settembre 1943, furono peraltro pagati con perdite dolorosissime. Le cifre, da noi elaborate fin dagli anni 1970, sono eloquenti, e non possono essere contestate:

  • navi da guerra affondate dai sommergibili, 10 per 23.356 tonn.;
  • navi mercantili affondate dai sommergibili, 15 per 39.337 t.s.l.;
  • sommergibile perduti, 65.

Ben maggiori – né risparmiamo i commenti e le cifre – furono i successi conseguiti tra il giugno 1940 e il maggio 1945 dagli U-boote tedeschi e dai sommergibili britannici.

 

Francesco Mattesini

Edited by Francesco Mattesini
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Platon,

 

sull'ARGONAUTA condivido tutte le tue perplessità. Può essere successo di tutto, ma come si fa a stabilire in tutta quella serie di attacchi di Sunderland e Cacciatorpediniere a chi sicuramente spetta il successo.

 

Sono convinto che sia la Sezione Storica dell'Ammiragliato come l'Ufficio Storico MM, siano andati un po a tentoni, e che alla fine tanta incertezza sulle loro ipotesi siano rimaste senza precisa risposta.

 

Io non sono per nulla convinto che l'ARGONAUTA sia affondato per una causa che sia quella dell'attacco aereo o dei cacciatorpediniere. Era troppo vicino alla costa, nel passare tra Tobruk e Ral el Hilal, e nella notte navigava in emersione, perché potesse sparire nel nulla. A parte l'avaria al perisscopio, che lo avevano costretto a sospendere la sua missione per entrare a Tobruk, per poi ripartire per l'Italia, non risulta avesse avuto altri particolari danni da comprometterne la navigazione,

 

Quindi, secondo me, deve essere affondato nella navigazione di trasferimento dal largo di Ras el Hilal verso Taranto.

 

Riguardo all'informazione sull'ARGONAUTA del Diario Storico dell'Ammiragliato l'ho trovata in:

 

British and Other Navies in World War 2 Day-by-Day
by Don Kindell

NAVAL EVENTS, JUNE 1940

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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Francesco,

 

You quote:

 

Variazione di Platon

 

1136/28 in 37°31' N, 19°55' E: Sunderland L.5806 "Q" (Wing Cdr G.E. Nicholetts) which dropped three bombs on the submarine. ANFITRITE was not damaged.

1405/25 in 37°29' N, 19°51' E: as mentioned in my previous email Sunderland L.5804 "S" (Flight Lt. W.W. Campbell) which dropped two 250lb A/S bombs on the submarine causing damage.

You mention that Sunderland L.5803 made the first attack on ANFITRITE at 1400/28. This is an error as Sunderland L.5803 as this attack was by L.5804. L.5803 was on passage from Alexandria to Malta and did not carry out an attack on that day. However this aircraft did report at 1640/28 three Italian destroyers in 36°00' N, 20°26' E [these were ESPERO, OSTRO and ZEFFIRO which were later attacked by British naval forces].

 

 

I would like to correct the attack 1405/25 should be read 1405/28 [my typo, sorry! but I think it is clear in the next paragraph].

 

You quote Don Kindell's work as "The Diary of the Admiralty". This is incorrect, Don Kindell has made a compilation from a variety of sources and should not be quoted as "official" document. I am not trying to belittle his work which is very good but as in all such attempts (such as Rohwer's Chronology of the War at Sea), these massive work cannot avoid making little mistakes and typo errors (as I do!).

If you wish to look at the Admiralty's War Diary, it is available on Fold3.com but you must subscribe to it. Also this "Admiralty's War Diary" is actually a compilation of signals received at the British Admiralty known as "The War Diary summaries" a total of 96 volumes available at the London National Archives (ADM 199 series, volumes 2195 to 2290). Note that these are "summaries" and do not actually include ALL the signals but only a selection often paraphrased. Thus even these give you an incomplete view of the war but still a good source of information. I will also add that I found a few errors in them so nobody's perfect! Finally the best way is to go to the original source as much as one can.

 

Regarding Don Kindell's work, he writes under 28 June:

 

"Italian submarine ANFITRITE was bombed by aircraft of RAFT 230 Squadron and damaged off Tobruk.

_____

 

Italian submarine ARGONAUTA was sunk in 35-24N, 20-10E by the Destroyers of Cdr Thomas' group."

 

 

For ANFITRITE he is correct. However for ARGONAUTA the attack by Cdr Thomas' group in 35-24N, 20-10E occurred on 29 June not 28 June and as I mentioned earlier this attack was apparently against TARANTINI.

 

Under 29 June, Don Kindell writes:

 

Italian submarine RUBINO was sunk by aircraft of RAF 201 Group in the Ionian Sea in 39‑10N, 18‑49E. The flying boat picked up some survivors.

_____

 

Italian submarine SIRENA was damaged by aircraft of RAF 230 Squadron off Tobruk.

_____

 

Italian submarines UEBI SCEBELI was sunk and SALPA was damaged by destroyers DAINTY, ILEX, DEFENDER, VOYAGER west of Crete in 35‑29N, 20‑06E.

 

 

For RUBINO he is correct, the aircraft was Sunderland "S" (L.5804) of 230 Squadron (RAF 201 Naval Cooperation Group) piloted by Flt. Lt. W.W. Campbell, the attack at 2323/29 in 39°10' N, 18°49' E, four survivors picked up by the aircraft

For SIRENA: she was indeed damaged but the aircraft was Sunderland "Q" (L.5806) of 228 Squadron (not 230 Squadron) and the attack was not off Tobruk but in 38°12' N, 18°06' E at 0635/29 (according to the aircraft, SIRENA gives the position as 37°54' N, 18°04' E).

For UEBI SCEBELI and SALPA: basically correct but there were five destroyers not four, HMS DECOY also participated in the action.

 

Finally I would like to point out that if one reads the "Letter of Proceedings" of HMS DAINTY (written by Cdr Thomas and dated 2 July) which describes the sortie of the five destroyers one would think that UEBI SCEBELI was sunk on 27 June (not 29 June) because he writes that the five destroyers sailed from Alexandria at 0600/27 June at 24 knots, at 0900 the weather forced them to slowed down at 15 knots and at 1830 a submarine was sighted, hunted and sunk and the survivors picked up [i am abridging here for the sake of clarity]. He includes the "Q" forms and reports by all five destroyers which all show that the attack was on the morning of 29 June and not at 1830/27 June including the "Q" form by his own destroyer HMS DAINTY. The time of 1830 is apparently a typo error. He does not specifically say 27 June but one could imply from reading the text that this was the date. So even an official document has a serious error (all these files can be be found in ADM199/1048). No wonder we have had so much confusion!

I agree with you that ARGONAUTA is unlikely to have been lost off Ras Hilal.

 

Platon

Edited by Long John Silver
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Francesco,

 

The error I made about 1830/27 was that the page by Cdr Thomas in my database was linked UEBI SCEBELI instead of LIUZZI. However the rest of the information is correct. I would like the following incident which I have been unable to solve:

At 1347/29 June 1940 in 34°16' N, 23°44' E the battleship HMS ROYAL SOVEREIGN in company with RAMILLIES and the aircraft carrier EAGLE reported two explosions which was believed to be from two torpedoes probably at the end of their run.

Can you give me a possible explanation? I have thought that ARGONAUTA might have tried to attack the British squadron but this does not make sense with her normal course. Any possibility she might have been diverted there for other reasons?

 

Many thanks,

 

Platon

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